Una «sin tax», cioè una tassa sul peccato. È quella che hanno proposto a vario titolo due associazioni mediche per finanziare ulteriormente la sanità pubblica. L'idea, per quanto avanzata puntualmente alla vigilia di ogni manovra, ieri ha ottenuto un po' di risonanza in quanto le opposizioni hanno pensato bene di farla propria. La prima è stata l'Aiom, l'Associazione italiana di oncologia medica, che ritiene utile aumentare di 5 euro il costo dei pacchetti di sigarette per introitare 13,8 miliardi di euro da destinare al Servizio sanitario nazionale. Una stima sicuramente ottimistica, considerato che raddoppiare praticamente il costo di una confezione (in media costa 6,2 euro) determinerebbe sicuramente una flessione notevole dei consumi in quanto diventerebbe inaccessibile a un'ampia fascia di clientela. Visto l'immediato appoggio da parte di Pd e M5s, anche la Società italiana di medicina ambientale ha ritenuto opportuno proporre una sovrattassa sui consumi «nocivi» per la saluti come alcool e bevande zuccherate (la famigerata sugar tax è rinviata al primo luglio 2025; ndr). Insomma, una tassa sul peccato, cioè su tutto ciò che pregiudica la salute. Sulla scia della «spinta gentile» che ha guadagnato un Nobel per l'Economia allo statunitense Daniel Kahneman, scomparso di recente. Al contrario, il ministro della Salute Orazio Schillaci ha confermato che sarà introdotta la flat tax al 15% sull'indennità di specificità dei medici e che saranno presenti misure a favore della natalità. Si tratta di iniziative estemporanee che cercano di interpretare alla lettera il concetto di «sacrifici» evocato dal ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, nell'intervista di mercoledì con Bloomberg. E, nonostante lo stesso titolare del Tesoro abbia precisato che non sono previsti aggravi d'imposta nell'immediato, il solo accenno alla possibilità di incrementare il prelievo per mantenere lo status quo entusiasma quella parte del Paese (e non è esigua) che ritiene siano gli altri a dover pagare. Tutto il contrario di quanto dichiarato da Giorgetti che ha annunciato tagli di spesa proprio a partire dalla pubblica amministrazione. E, soprattutto, ha lasciato intravedere revisione degli sconti fiscali in grado di liberare spazio per interventi realmente necessari.
D'altronde, occorre considerare che sommando lo scostamento tra deficit tendenziale e programmatico nel Psb si ottengono circa 9 miliardi in più nel 2025 ai quali aggiungere i 3,5 miliardi della soppressione dell'Ace e i 2,5 miliardi promessi di tagli alla spesa ministeriale. Insomma, la manovra 2025 da 25 miliardi è vicina al traguardo in quanto vanno reperiti una decina di miliardi o poco più
se si vuole ampliare il perimetro della riforma Irpef oltre al taglio del cuneo.
Ed è su questo fronte che il ministro Giorgetti ha inviatato tutti i ceti produttivi a fornire un «contributo», soprattutto quelli che hanno evidenziato un andamento favorevole dei ricavi e dei profitti.
Un tema trattato ieri in un colloquio a quattr'occhi con il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini.
Si è parlato delle «misure per i neoassunti e della premialità», ha specificato il numero uno di Viale dell'Astronomia ribadendo che «siamo disposti a ripensare parte delle tax expenditures: oggi ci sono 120 miliardi e noi oggi abbiamo la necessità di trovare 10 miliardi per rendere strutturali gli investimenti per le imprese e per fare in modo che non vadano all'estero e rimangano qua». Perché, come ha ricordato il presidente dell'Associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli, visto che gli istituti sono nel mirino, «più le tasse sono alte, più la ricchezza e i valori vanno via».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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