Quel carrozzone troppo vicino al Palazzo e ai burocrati

Un industriale serio pensa ai suoi affari e pensa che il tessuto economico vada difeso a ogni costo. I nostri imprenditori cercano l'inciucio con politica e sindacato nella più bieca tradizione del consociativismo

Quel carrozzone troppo vicino al Palazzo e ai burocrati

Uno tra i più antichi e brutti vizi dell'Italia è quello di schierarsi sempre con il vincitore. O con il presunto tale. E questo vizio diventa evidente nell'ormai consueto e stucchevole rito di Confindustria di appoggiare il governo a prescindere. Nelle democrazie serie gli industriali, ricchi signori che portano avanti l'economia del Paese, sono spesso ostili al potere. O, quantomeno, sono guardinghi rispetto alla commistione con quel potere che quando ha bisogno di prelevare denaro per nutrire la macchina della spesa pubblica si rivolge proprio all'impresa senza pietà, aumentando l'odioso carico fiscale ai danni di imprenditori già vessati in ogni modo.

Un industriale serio pensa ai suoi affari e pensa che il tessuto economico vada difeso a ogni costo. I nostri imprenditori, figli ed eredi del capitalismo di relazione che poco ha a che fare con l'idea di un business sano, fanno sostanzialmente il contrario. Cercano l'inciucio con politica e sindacato nella più bieca tradizione del consociativismo. Confindustria, carrozzone che ha preso le stesse fattezze della macchina pubblica, è l'esempio più fulgido di questo modus operandi villano che rende così la nostra economia schiava della politica. L'associazione degli industriali anche ieri ha dimostrato di preferire la burocrazia e la politica rispetto alla sua missione: quella di creare benessere per se stessa e, quindi, per il Paese. Il presidente appena eletto, Boccia, s'è sperticato nell'elogio del governo, dal quale dovrebbe prendere invece le distanze, tanto da aver sponsorizzato il sì al referendum costituzionale del giovane fiorentino che vuole dominare il Paese. In cambio gli industriali dovrebbero avere un taglio delle tasse tanto ipotetico quanto falso.

Dovrebbero diffidare di Renzi non per pregiudizio, ma per divisione dei compiti: a te quello di amministrare il Paese, a noi quello di far fiorire i nostri capitali.

In questo contesto disarmante, dove l'interesse privato e amorale prevale su quello generale, gli unici a combattere per un'economia di mercato, sana, liberale, possibilmente non vessata dal fisco assassino, sono i piccoli-medi imprenditori, gli artigiani che ogni giorno si scontrano contro il potere che politica e associazioni para-politiche cercano di imporre. Essi sono l'unica parte sensata di un Paese che mi sembra andare a rotoli, schiavo di se stesso e di un governo che tutto vuole e tutto prende.

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