Quella lanciata da Giuseppe Conte, alla vigilia dell'assemblea costituente del M5s, è una sfida. Ma è anche una sorta di ultimatum. O dentro o fuori. In soldoni: se i Cinque Stelle tornano al passato e rinnegano la loro collocazione progressista, dovranno trovarsi un altro leader. Impresa non facile, in un Movimento dove ancora non esiste un'alternativa concreta alla guida dell'ex premier. Conte serra i ranghi e mette la base di fronte al fatto compiuto. Una mossa obbligata, alla luce dei malumori sulle alleanze con il Pd, che si sono acuiti dopo i risultati flop delle elezioni regionali in Emilia-Romagna e Umbria. L'avvocato rilancia, pur non parlando mai di un patto organico con i dem.
Quello su cui, ai vertici del Movimento, non si transige è l'impostazione «progressista» del nuovo partito contiano. «Se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership mi farei da parte. Si chiama coerenza. Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader», spiega Conte in un'intervista a La Repubblica. «La mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd. Nessun iscritto al M5s aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico», continua il leader del M5s. Un passaggio che è anche un «pizzino» a Chiara Appendino. «La mancanza di un'identità forte sta facendo disperdere il nostro vento nelle vele del Partito Democratico. In questo sciagurato schema ci stanno fagocitando e siamo diventati il socio minoritario», aveva scritto martedì l'ex sindaca di Torino in un post sui social, interpretato come una stoccata a Conte. Il leader sembra riferirsi ad Appendino in un altro passaggio del colloquio. Conte precisa che il M5s ha difficoltà nei territori, «senza differenze se andiamo da soli o in coalizione». Il riferimento potrebbe essere alle Regionali in Piemonte di giugno scorso, quando gli stellati, in corsa solitaria dopo il pressing di Appendino, hanno raccolto solo il 6% come lista. Infatti, la vice di Conte ieri corregge il tiro: «Voterò per confermarci progressisti perché è quello che sono e sono sempre stata». Certo è che su Appendino pesano le vecchie ruggini con i dem, che in Comune a Torino le hanno fatto un'opposizione durissima. Dai vertici del M5s non drammatizzano: «Chiara non è mai stata contro Conte e soprattutto lui non ha mai parlato di alleanza organica con il Pd».
Ma l'ora della verità scatterà domenica pomeriggio dopo le 15, quando saranno comunicati i risultati delle varie votazioni. A preoccupare Conte, sul fronte delle consultazioni, è il raggiungimento del quorum.
Con poco meno di 90 mila aventi diritto, al leader servono almeno 45 mila votanti per ogni quesito sullo Statuto, per evitare un flop politico e la ripetizione del voto chiesta dal Garante Grillo. Intanto Conte, a Dritto e Rovescio su Rete4, dice: «Se Grillo viene potrà partecipare». E sul cambio di nome e simbolo? «Sono indeciso su come votare», risponde.
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