Comè naturale e non solo perché in agosto mancano le notizie lo scontro Tommaso Padoa-Schioppa con Francesco Giavazzi ha attirato e attira lattenzione di tutta la stampa. È indubitabilmente utile il dibattito nel merito: sono adeguati i tagli della spesa pubblica o no. Opportuna una riflessione sullo stile della mail del ministro dellEconomia: senza dubbio un po esuberante. Ragionevole un richiamo allo stato di salute della maggioranza di centrosinistra: già si reggeva su 25mila voti di scarto, se gli si sfila anche il Corriere della Sera, il consenso (sempre indispensabile per governare) va a carte quarantotto.
Il caso Padoa-Schioppa Giavazzi pone però anche un altro problema: quello del ruolo dei grandi quotidiani indipendenti nella politica (per non parlare della finanza) italiana. Le accuse che il ministro muove alleditorialista, non sono formulate da un outsider degli ambienti di via Solferino, da uno che non centra niente, che lancia a caso le sue accuse, che sinventa complotti o strategie nascoste senza sapere comè organizzata la cucina corrierista.
No, le accuse di gioco sporco al Corriere (forse ancor più che a Giavazzi) vengono da una delle principali firme dellultima stagione di via Solferino, da uno che è stato praticamente fatto ministro dal Corriere, sul cui nome è stato realizzato un compromesso tra Romano Prodi e Paolo Mieli, fino a spingere questultimo allendorsement del centrosinistra, anche a costo di scontentare una parte dei propri lettori.
Non si vuole intendere, con questa lettura dei fatti, che il Corriere della Sera non sia un autorevole, che Francesco Giavazzi non sia uno che pensa solidamente con la propria testa, che gli attacchi padoaschioppani non siano inopportuni, che le discussioni non debbano avvenire sul merito ma sui retropensieri. Tutto vero. Però, se uno dei più autorevoli collaboratori di una testata non esita a denunciare qualche disinvolto gioco del giornale con cui ha lavorato fino al giorno prima, di cui conosce bene il direttore e i meccanismi della sua azione politico-giornalistica, qualche cattivo pensiero diventa inevitabile.
Anche perché nella partita Padoa-SchioppaGiavazzi manca un altro protagonista: Mario Monti che da qualche tempo sta lavorando sulle colonne corrieriste per propiziare un prossimo governo di tecnici. E contro il quale, anche Giavazzi lancia una frecciatina nellarticolo (poi, attaccato dal ministro) sullesperienza del governo Merkel, assai più condizionato dalle lobby di quel che riterrebbe lex Commissario allAntitrust europeo.
Tutta ciccia per i lettori: gli economisti che si attaccano, i giornali che li ospitano, le idee che confliggono. E così che lopinione pubblica si forma le sue idee. È quando questo gioco sintreccia con la costruzione attiva di soluzioni politiche (e landazzo è ancora più grave quando le manovre riguardano assetti finanziari magari legati a quelli proprietari) che qualche problema si pone. Naturalmente senza esagerare. Ogni quotidiano esprime una linea politica, determinata dal direttore scelto dalla proprietà: le sciocchezze sulla neutralità dellinformazione servono solo a coprire posizioni ugualmente politiche ma mascherate o estremistiche.
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