Caso Meocci: a processo mezzo Cda Rai

nostro inviato a Bolzano

Spuntano nuovi beneficiari occulti di tangenti o fondi neri nelle indagini che i pm della Procura di Bolzano, Cuno Tarfusser e Guido Rispoli, hanno avviato sulle decine di milioni di euro che sarebbero stati pagati da Siemens per acquisire il controllo dell’Italtel, gruppo Iri, nel 1994-97. Una battaglia politica e finanziaria che vide Siemens prevalere su concorrenti come Alcatel, Ericsson e gli americani di At&t. Ieri mattina un alto dirigente della Goldman Sachs è arrivato negli uffici del tribunale altotesino direttamente da Francoforte per ricostruire con gli inquirenti, passaggio dopo passaggio, l’incredibile storia di 10 milioni di euro prelevati nel luglio del 1997 da fondi neri della Siemens a Innsbruck e versati alla Goldman Sachs per essere poi dirottati a ignoti beneficiari. Un bonifico non contabilizzato che imbarazza non poco la banca d’affari. Tanto che il manager ha spiegato l’operazione con una motivazione che incuriosisce molto gli inquirenti: «Goldman Sachs non ha incassato quei soldi per conto proprio ma li ha gestiti per clienti terzi». Quali? I nomi dei beneficiari non sono saltati fuori. Ed è ripartita la ricerca per dare un volto ai beneficiari.
Il dirigente - il nome non è trapelato ma si tratta del capo ufficio legale - è stato sentito per diverse ore. Era il 9 luglio del 1997 quando dal conto presso la Raiffeisenland Bank (Rlb) Tirol Ag di Innsbruck, alimentato da Ernst Wolfang von Jagemann, dipendente Siemens che gestiva parte dei fondi neri dell’azienda, parte appunto un bonifico per la Goldman Sachs Germania, ufficio di Francoforte. I soldi però non si fermano a Francoforte. Ma iniziano un curioso viaggio tra le banche di mezzo mondo, cambiando di valuta. Insomma, operazioni quantomeno di difficile spiegazione per una normale negoziazione. I 10 milioni vengono infatti girati da Francoforte su un conto di transito della City Bank di Londra, quindi cambiati in yen per poi rientrare in Germania. Da qui però passano ad un altro sottoconto di un deposito per essere trasferiti addirittura dall’altra parte del mondo. Ovvero in Giappone. Come mai? Mistero. Da qui infatti la somma viene frazionata e riparte per beneficiari ancora tutti da scoprire. Di chi si tratta? È quello che ora vuole accertare la procura di Bolzano.
Può essere utile evidenziare che la sede Goldman Sachs che beneficia del primo bonifico proveniente dalla provvista occulta di Siemens è quella di Francoforte. Che nella vicenda Italtel sembra aver giocato un ruolo primario. Per comprenderlo meglio bisogna risalire però alla primavera del ’93. È da poco iniziata la battaglia politico-finanziaria su Italtel, Siemens spera di vincere la partita. Il 3 febbraio ’93 da Francoforte, dalla sede Goldman Sachs della città tedesca, si fa avanti il capo della filiale Walter Arthrur. Prende carta e penna, scrive a Moser, capo fusioni e acquisizioni di Siemens, presentandosi come migliore advisor per Italtel. Arthrur sottolinea infatti «la conoscenza di Goldman Sachs del gruppo Iri e del suo management, circostanza che potrebbe essere estremamente importante per una potenziale negoziazione» e evidenzia in apposito paragrafo che «dal marzo del 1990 nostro senior advisor in Italia è il professor Romano Prodi». In effetti, Prodi è loro consulente a 40-50 milioni al mese, comprensivi di bonus di fine anno. Tra l’altro Prodi viene pagato non dalla Goldman Sachs italiana, quindi nelle fatture acquisite dalla Procura non è ovviamente presente l’Iva.
Passa qualche mese e sempre Prodi sospende la consulenza con Goldman Sachs e viene nominato presidente dell’Iri. Nell’autunno Siemens scarica il precedente advisor, la Schroders, e sceglie Goldman Sachs. Come si evince anche dall’interrogatorio dell’allora amministratore delegato della società «scalzata», Panfilo Tarantelli, uno dei banchieri d’affari più conosciuti in Europa, oggi capo dell’investment banking di Citigroup.

È anche bene sottolineare che né Prodi né dirigenti di Italtel, Stet o Iri dell’epoca sono indagati a Bolzano. Nell’inverno scorso gli investigatori sono andati dal commercialista di Prodi a Bologna per acquisire le fatture delle consulenze del premier alla Goldman Sachs.
gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

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