Il caso Papa risveglia i fantasmi del crollo della Prima Repubblica

Tensioni in vista del voto finale alla Camera sull’arresto del deputato Pdl coinvolto nella P4. Ieri l’indagato è stato sospeso dal Csm e dovrà rinunciare allo stipendio. Bossi: "Niente manette prima del processo. Ricordiamoci di Craxi...". Timori per manovre per alimentare un lancio di monetine

Il caso Papa risveglia i fantasmi del crollo della Prima Repubblica

Roma - Quell’aria inquietante da «parlamento degli inquisiti» che circola nel Palazzo riporta alla mente di tanti la memoria del crollo della Prima Repubblica. E la tensione attorno al voto di mercoledì a Montecitorio sale di ora in ora.
Sarà il giorno in cui si decide il destino di Alfonso Papa, il deputato Pdl (ma venerdì si è dimesso dal gruppo «per evitare strumentalizzazioni») ed ex magistrato (ma ieri il Csm lo ha sospeso «cautelativamente» da funzioni e stipendio, che peraltro non percepiva essendo pagato dalla Camera) per il quale i magistrati di Napoli hanno chiesto l’arresto per l’affaire P4. E su quanto avverrà mercoledì in aula l’incertezza è totale. Sulla carta, la maggioranza dei parlamentari è per l’arresto: Pd, Idv e Terzo Polo sul fronte opposizioni, e la Lega su quello della maggioranza. Almeno fino a ieri sera, quando Bossi ha “svoltato”, dicendosi «convinto che le manette non vanno messe mai se prima non facciamo il processo». Aggiungendo: «Se Papa ha commesso dei reati paghi, ma non va bene mettergli le manette prima, quando ancora non sappiamo se quello che ha fatto è da galera o no. Ricordiamoci il tempo di Craxi: farlo andare in galera uno non ancora condannato non è servito a nessuno, tranne a far andare in politica Di Pietro».
Il Pdl con ogni probabilità chiederà (o lo farà chiedere dai «Responsabili») lo scrutinio segreto, e a carte coperte ogni cosa è possibile: la convinzione dei berluscones, che stanno tentando ogni possibile mossa per salvare dalla galera il collega, è che sottobanco dall’opposizione possano arrivare quei voti sparsi che farebbero la differenza: «Quattro o cinque dall’Udc, - conta un esponente di prima fila del gruppo Pdl - una decina dal Pd, qualcuno pure dall’Idv. E ovviamente una buona parte dei leghisti, che sono molto divisi: a quel punto dovremmo riuscire a recuperare i vuoti della maggioranza». Dario Franceschini, presidente dei deputati Pd, assicura: «Non c’è mezzo deputato del nostro gruppo che ha dubbi in proposito: voteremo compatti per l’autorizzazione all’arresto». Gli replica dal centrodestra Michela Biancofiore, accusando il Pd di «faccia tosta» e ricordando che «sull’ex assessore Tedesco, senatore Pd, giace da almeno 5 mesi una richiesta di arresto al Senato per reati dell’affaire sanità pugliese, di gran lunga più pesanti di quelli ascritti a Papa». Una richiesta di arresto che, guarda caso, potrebbe essere calendarizzata tra pochi giorni in aula, e fungere da strumento di pressione sulla sinistra.
Ma il clima di tensione e sospetti è tale che un deputato Pd, che ha seguito anche in giunta per le autorizzazioni il caso Papa, avanza un timore che rievoca i momenti più bui di Tangentopoli: «Fatte le debite proporzioni, perché Craxi era una grande leader e Papa è Papa, temo che possa succedere qualcosa di simile: verrà salvato a scrutinio segreto proprio con l’aiuto di chi ha più interesse ad alimentare un clima da cappio e lanci di monetine». All’epoca di Craxi furono la Lega (e un pezzo di Msi e di sinistra) a votare di nascosto contro l’autorizzazione, per poi gridare allo scandalo. Oggi? «Oggi ad averne il maggior vantaggio sarebbe Di Pietro, che ovviamente accuserà noi del Pd di averlo salvato sottobanco».
Papa, il protagonista suo malgrado di un voto che rischia di diventare cruciale per il governo, annuncia che accetterà il verdetto dell’aula «con assoluta serenità». Il possibile arresto, assicura, «è l’ultimo dei miei problemi, non lo temo». Certo «sarebbe un’esperienza dolorosa e ingiustificata, ma la vivrò serenamente consapevole della mia innocenza». Quanto alla sospensione «cautelare» dalla magistratura, «è solo un effetto automatico previsto dalla legge». Potrebbe dare le dimissioni da deputato prima ancora del voto d’aula? «Sono pronto a fare i passi che mi verranno richiesti».
Nel Pdl, dopo la difesa di Papa fatta da Berlusconi, i possibili dissensi sembrano rientrare: «Mi atterrò alle indicazioni del gruppo», assicura Nunzia Di Girolamo che qualche giorno fa aveva chiesto libertà di coscienza sulla vicenda. L’esponente di Fli Nino Lo Presti lancia un avvertimento: «Il voto segreto in aula sulla richiesta di arresto per Alfonso Papa, potrà, forse, salvare il deputato, ma non il Popolo della libertà.

Sarà questa, infatti, la falla che lo farà affondare come il Titanic». Mentre dal Pd c’è chi, come Dario Ginefra, manda anche una stoccatina al Colle: «Chieda anche alla maggioranza, oltre che a noi sulla manovra, atti di responsabilità nazionale e di rispetto delle istituzioni».

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