Caso Sepe, il Vaticano ammette: Propaganda Fide può aver sbagliato

Il Vaticano ammette che nell’«impegnativo» e «complesso» compito di gestire il patrimonio immobiliare della Congregazione di Propaganda Fide possono essere stati commessi «errori di valutazione». È quanto si legge in una lunga nota pubblicata ieri dalla Sala Stampa della Santa Sede.
L’intento del comunicato è quello di presentare la reale attività del dicastero che si occupa delle missioni, descrivendo i suoi scopi e il suo funzionamento, dopo settimane di articoli riguardanti l’inchiesta sulla «cricca» e il coinvolgimento del cardinale Crescenzio Sepe, indagato per corruzione. Il Vaticano interviene per tutelare «la buona fama» di Propaganda Fide, organismo che «ha il compito di dirigere e coordinare in tutto il mondo l’opera dell’evangelizzazione e la cooperazione missionaria», guidando e sostenendo «le giovani Chiese, situate in territori di recente o scarsa evangelizzazione». «Al fine di assolvere al proprio compito - continua la nota - la Congregazione dirige e mantiene in Roma una vasta serie di strutture a servizio della formazione, tra cui spiccano la Pontificia Università Urbaniana (circa 1.400 alunni nel corrente anno accademico) e diversi Collegi, nei quali studiano attualmente circa 150 seminaristi, 360 sacerdoti, 150 tra religiose e laici inviati dai cinque continenti».
Un’opera che «richiede una quantità non indifferente di risorse finanziarie». Propaganda Fide inoltre «elargisce ogni anno alle Chiese dei territori ad essa soggetti (1.080 circoscrizioni) un sussidio finanziario ordinario» e «invia annualmente sussidi per la formazione del clero locale», grazie ai quali molti seminaristi possono studiare a Roma. Vengono poi distribuiti «una quantità di aiuti per progetti in favore della costruzione di nuove chiese, istituzioni pastorali, opere di alfabetizzazione, strutture ospedaliere e sanitarie, in particolare a favore dell’infanzia, nonché educative, spesso in regioni che sono tra le più povere della terra». Queste iniziative sono «promosse e coordinate dalle Pontificie Opere Missionarie», in seno allo stesso dicastero, che ha «costi di gestione di gran lunga inferiori a qualsiasi organizzazione internazionale impegnata nel campo della cooperazione».
Propaganda Fide «ricava le sue risorse principalmente dalla colletta della Giornata missionaria mondiale» e «dai redditi del proprio patrimonio finanziario e immobiliare». Patrimonio che «si è formato nel corso dei decenni grazie a numerose donazioni di benefattori di ogni ceto, che hanno inteso lasciare parte dei loro beni a servizio della causa dell’evangelizzazione».
L’amministrazione e la valorizzazione di questo patrimonio immobiliare, riconosce il comunicato vaticano, «è naturalmente un compito impegnativo e complesso, che si deve avvalere della consulenza di persone esperte sotto diversi profili professionali e che, come tutte le operazioni finanziarie, può essere esposto anche ad errori di valutazione e alle fluttuazioni del mercato internazionale». Una frase altamente significativa, con la quale di fatto la Santa Sede ammette la possibilità che vi siano state valutazioni errate: un possibile riferimento al costo del palazzetto acquistato a un prezzo molto basso dal ministro Pietro Lunardi in via dei Prefetti.
«A testimonianza dello sforzo per una corretta gestione amministrativa - si legge ancora nella nota - e della crescente generosità dei cattolici, tale patrimonio ha continuato a incrementarsi.

Al tempo stesso, nel corso degli ultimi anni, si è progressivamente fatta strada la consapevolezza della necessità di migliorarne la redditività e, a tale fine, sono state istituite strutture e procedure tese a garantirne una gestione professionale e in linea con gli standard più avanzati». Dunque il Vaticano difende la decisione di «migliorarne la redditività» e dunque di adeguare i canoni al mercato.

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