Per il caso Stanleybet condannati i gestori di due centri raccolta

I Tribunali Penali di Roma e Lecce, nel giro di tre mesi, hanno respinto le argomentazioni della Stanleybet condannando i gestori di due centri di raccolta scommesse collegati all’operatore inglese, sia pure con la sospensione delle pene reclusorie fra i 3 e i 4 mesi, e sequestrando i relativi locali.
La IXª sezione penale del tribunale capitolino sottolinea come il Decreto Bersani abbia superato l’eventuale violazione delle norme comunitarie (scarsità di concessioni, privilegio di poche società italiane) e permesso a tutte le società, anche estere, specializzate nel settore, di entrare legittimamente nel mercato italiano se «in possesso dei requisiti di affidabilità definiti da Aams». A questo riguardo il giudice, dottor Polella, sottolinea: «La Stanley Bet, invece, ha scelto di rimanere radicata nella nazione di origine, limitandosi a costituire, in Italia, delle mere diramazioni destinate esclusivamente a convogliare online presso la sua sede in Gran Bretagna l'intera attività di raccolta delle scommesse… senza adeguarsi ai principi, stabiliti dai Monopoli dello Stato al fine di accertarne affidabilità e trasparenza…». E ancora: «È da ritenere, quindi, che, sia pure nell'ambito dell'adeguamento da parte di tutti i Paesi membri ai criteri giuridici fondamentali posti alla base stessa della Unione Europea, debbano essere rispettati i principi di sovranità nazionali propri dei singoli Stati».
Le motivazioni della Iª sezione penale del tribunale salentino hanno preso spunto dall’indagine svolta dalla Guardia di Finanza e culminata con il sequestro del locale situato a Carmiano. Nel verbale si legge fra l’altro che l’attività prevalente era legata alla raccolta delle scommesse nonostante la pubblicizzazione di altri servizi, l’assenza di concessione e della licenza di pubblica sicurezza. I clienti, inoltre, non effettuavano le giocate in autonomia, ma attraverso l’opera dei gestori. Sulla licenza di pubblica sicurezza, il giudice, dottor Guarini, scrive: «In materia di attività tesa all'organizzazione delle scommesse sportive o concorsi pronostici anche per via telematica, tramite l'eventuale rilascio della licenza prevista dall'art. 88 Tulps, lo Stato esercita controlli di ordine pubblico». E precisa: «Tali controlli sono leciti, non contrastano con i principi di libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi all’interno dell'Unione Europea… (e quindi, ndr) ogniqualvolta un soggetto, omettendo di chiedere la licenza di polizia prevista dall'art. 88 Tulps e quindi sottraendosi ai controlli di ordine pubblico, operi nel settore delle scommesse, pone in essere il reato previsto…».
Più avanti la sentenza dedica un passaggio ai contatti della malavita organizzata con questo mercato: «L'esperienza nazionale ha dimostrato come il settore dei giochi e delle scommesse sia oggetto di interesse da parte delle organizzazioni criminali (...), non si discute soltanto della legittimazione all'esercizio di tale attività da parte del gruppo Stanley (...), si discute anche di quella degli intermediari italiani che, atteso il loro compito primario (non limitato alla mera gestione di un centro trasmissione dati, ma comportante attività materiali e gestione del denaro per l'esercizio delle scommesse) potrebbero essere strumenti al servizio di organizzazioni criminali».


In attesa, quindi, che la Corte di Giustizia si pronunci sulla normativa Bersani, alcuni Tribunali si sono pronunciati in merito alla posizione dei centri collegati alla società Stanleybet, analizzando il caso concreto e rilevando il superiore interesse pubblico di prevenire la degenerazione criminale nel settore che costituisce la ratio del sistema concessorio italiano.

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