Matteo Failla
Sintitola Fame - Mi fa male lo spettacolo di Giancarlo Cauteruccio che va in scena stasera allex ospedale Paolo Pini nellambito della rassegna «Da vicino nessuno è normale» organizzata dallAssociazione Olinda.
Dopo più di trentanni di teatro, Fame è il suo primo testo.
«È un monologo sulla fame, nel quale mi metto in gioco in prima persona spiega Giancarlo Cauteruccio -. Sono un obeso, un malato di cibo; e nel mostrarmi in prima persona con i miei difetti e le mie ossessioni do voce al disagio del nostro mondo. È un testo aggressivo e allo stesso tempo ironico. La cucina sarà evocazione delle ricette della mia terra, ma non cucinerò in scena: i preparativi saranno proiettati in scena alle mie spalle».
Nei suoi spettacoli è sempre forte il rapporto tra arte e tecnologia.
«Infatti, anche questo spettacolo è parte integrante del mio percorso artistico. Fin dagli anni Ottanta ho teorizzato la drammaturgia della luce. In età barocca il teatro era illusionismo, nelle forme e nel colore, ma con il passare degli anni si è andati sempre più verso una drammaturgia che ha perso lidea della macchineria, soprattutto se analizziamo la nostra esperienza italiana. Il patrimonio dellillusionismo prospettico è stato abbandonato a favore di una teatralità che mette in primo piano lattore, dimenticando così di alcuni insegnamenti delle avanguardie storiche. Mi pare assurdo che in unera industriale come la nostra non si analizzi artisticamente il rapporto con la tecnologia: labbiamo inventata noi, non ci è stata imposta da nessuno. Bisogna imparare ad avere un rapporto con le trasformazioni».
Le influenze beckettiane caratterizzano molti dei suoi lavori, anche nell uso del suono e del silenzio.
«Beckett amava la settima sinfonia di Beethoven perché composta da esplosioni musicali e da silenzi musicali; egli riusciva a compiere lesercizio dellascolto del silenzio. Le pause non sono mai silenzi passivi, presuppongono azione ed indicano il passaggio di un pensiero».
Ma è più facile esprimersi con un «Teatro di musica e immagini» o con quello più classico «testuale»?
«Sicuramente con la drammaturgia.
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