
Ogni famiglia vista e ascoltata da vicino rivela errori o gesti incauti, molti non detti (o detti a bassa voce), pietre d'inciampo che magari si riesce a evitare per decenni ma prima o poi fanno cadere. Non è più strana di altre la famiglia protagonista di «Ti ho sposato per allegria», la commedia di Natalia Ginzburg adattata e diretta da Emilio Russo in cartellone al Teatro Menotti dal 4 al 13 aprile: nella Roma di metà anni '60 una cena di famiglia si trasforma in un redde rationem tra le mura di una casa borghese dove Pietro (Giampiero Ingrassia), avvocato mite, sempre vissuto nella casa d'origine con una madre dominante (Lucia Vasini), ha un colpo di testa. Dopo aver conosciuto superficialmente l'irrequieta Giuliana (Marianella Bargilli), di una classe meno agiata rispetto alla sua, la sposa. La cena servirà a far conoscere madre e sposa o, vista da un altro punto di vista, suocera e nuora. Specialista della commedia (ma anche del musical), Ingrassia è rimasto conquistato dal testo: «Dopo La strana coppia di Neil Simon spiega l'attore romano mi è sembrato perfetto passare dall'ironia evidente del grande drammaturgo americano alla finezza, arguzia e senso del grottesco della Ginzburg». Marianella Bargilli si rivede molto nel suo personaggio: «Come Giuliana sono irrequieta, sempre dietro a un progetto. Io sono andata via di casa a 19 anni per inseguire il sogno di fare l'attrice, Giuliana esce di casa a 17. E a un certo punto recita la battuta: volevo fare l'attrice».
«La cena nel secondo atto è lo showdown spiega Ingrassia - e non a caso avviene attorno a un tavolo che occupa la scena ricordando L'Ultima Cena di Leonardo. Oltre al terzetto ci sono altri famigliari, due in carne ed ossa interpretati da Viola Donadoni e Viola Lucio, e altri rappresentati da manichini».
Tutto si svolge in una società italiana dove i tabù come divorzio e aborto hanno ancora un peso: «Il non detto e il sotteso sono la cifra dei dialoghi spiega Bargilli La maestria della Ginzburg è quella di fare emergere la verità lampante delle cose attraverso le sottigliezze. Poi però alla fine il tappo salta».
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