Centrale del Foro Italico? No, giardino di Pietrangeli

Un onore, per un tennista vivente, riservato solo a Laver. Nicola: «Ci vorrebbe anche la statua...»

Centrale del Foro Italico? No, giardino di Pietrangeli

Lea Pericoli

Il campo centrale del Foro Italico sarà intitolato a Nicola Pietrangeli. La notizia è stata data ieri mattina durante la presentazione degli Internazionali d’Italia che prenderanno il via l’8 maggio a Roma. Se volete la mia opinione posso solo dire che mai riconoscimento è stato più meritato. «E’ una emozione grande - mi ha detto Nicola - temevo che la proposta fosse stata archiviata. Da oggi divento un caso perchè in Italia non esiste un campione vivente che abbia avuto un riconoscimento così importante. Quasi quasi ci starebbe bene anche una mia statua...». In realtà nella storia del tennis soltanto Rod Laver ha avuto il Centrale di Melbourne intitolato a sè. Cinquant’anni vissuti girando per tornei e per il mondo, mi hanno dato la possibilità di conoscere bene Pietrangeli. Nicola rimane l’ultimo baluardo di un’era romantica, quando a tennis si giocava vestiti di bianco. Quando i campioni viaggiavano ospitati da magnati e principi, ma non avevano una lira in tasca! Eppure vivevamo in un mondo fantastico.
Quando Nicola giocò la semifinale di Wimbledon perdendo da Laver ai suoi piedi c’era la “Swinging London”. Quando a Parigi vinse Roland Garros aveva un tavolo sempre riservato al Crazy Horse. Negli Anni Sessanta vinse il “Granchio d’Oro" come l’uomo più elegante d’Italia. Nicola divenne amico di Peron, del Principe Ranieri, di Eltsin, di Menem. Ad onorarlo della sua presenza a Roma tra due settimane arriverà Alberto II di Monaco. Pietrangeli, i suoi amici che sono tanti lo sanno, è molto più di quanto io possa scrivere. È un personaggio che senza essere ricco ha sempre vissuto tra i ricchi. La sua vita è stata una bella favola. Ancora oggi che ha i capelli bianchi si destreggia tra belle donne che lo tormentano. Si divide tra impegni mondani, viaggi, golf e tennis.
È il miglior ambasciatore che il nostro sport potesse scegliere e di questo devo rendere merito ad Angelo Binaghi che lo ha voluto al suo fianco. Trent’anni fa fu merito di Nicola se Panatta, Bertolucci, Barazzutti e Zugarelli vinsero la Coppa Davis.

In una Italia surriscaldata dalle polemiche lui solo ebbe il coraggio di portare la squadra a Santiago. L’eterno ottimismo di Nicola non si è infranto neppure quando è stato colpito da un cancro. A Pietrangeli io non dedicherei una statua, ma un monumento.

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