Poi si apre il sipario, qui in questa bomboniera che è il Teatro Asioli in centro a Correggio, e lui è già seduto, la chitarra acustica, il brano Leggero che parte subito. La musica inizia e si inizieranno presto a contare gli anniversari. «Questa dovrebbe essere una prova generale, ma ci sono tutti i miei amici, persino i compagni di scuola dell'istituto di ragioneria, e quindi chiamiamola proprio concerto». E lui ci dà dentro perché, come dirà dopo, «fatica a star seduto» e poi dietro, seduto alla batteria, c'è suo figlio Lenny che pesta duro anche se il «concerto» è semi acustico («è la prima volta ma sembra che suoni con me da sempre») e mica si può prender sottogamba l'esordio del primogenito. Ventidue canzoni, sette letture autobiografiche, due tempi e un solo pezzo, Taca banda, cantato in piedi, libero di gironzolare sul palco come fa da decenni.
È l'anteprima di un tour, quello teatrale che si chiude agli Arcimboldi di Milano il 27 novembre, e di un altro giro di boa: «È il mio primo concerto della vita senza Claudio Maioli (lo storico manager appena ritiratosi - ndr) e sono trent'anni di collaborazione con il chitarrista Federico Poggipollini». Ed è anche l'inizio di una serata rock'n'roll perché dopo le due ore a teatro, Ligabue aspetta si chiuda il sipario, sparisce e poi riappare un'ora e mezza dopo su di un piccolo palco in mezzo ai Tir parcheggiati all'Autogrill Arda Est vicino a Piacenza. Due canzoni mentre volano i droni e iniziano anche le riprese di un docufilm top secret: I ragazzi sono in giro e Certe notti. Sì, quella di «Certe notti coi bar che son chiusi e al primo autogrill c'è chi festeggerà», quella che è diventata l'inno di una generazione che a malincuore ha capito che «chi s'accontenta gode, così così». Il prossimo agosto saranno trent'anni che è uscito, quel brano, e il 21 giugno sarà celebrato a Campovolo con «La notte di certe notti» (organizza Friends&Partners, prevendita dal 4 ottobre), un altro concertone che arriva anche a vent'anni dal primo Campovolo. Tanto per capirci, finora in tutti i «Campovolo» di Liga sono stati venduti la bellezza di 526.904 biglietti ed è un dato da ricordare perché i prossimi non saranno più biglietti ma braccialetti. Saranno consegnati al posto del tagliando, dialogheranno con un'app per prenotazioni e altri servizi, saranno un passo nel futuro.
È la prima volta in Italia, diventerà purtroppo o per fortuna un'abitudine prossima ventura. «All'inizio non avevo capito la portata di Certe notti - ha spiegato poi lui seduto nell'autogrill - e ancora adesso mi meraviglio perché per ciascuno dei fan quei versi hanno un significato diverso». Di certo ha capito che «bisogna arrendersi all'idea che le canzoni fanno il ca..o che vogliono».
Luciano Ligabue è molto magro, assai tonico, ha superato un'operazione al tallone e freme assai perché è rimasto fermo per un tempo che per lui è comunque troppo: «Continuo a scrivere canzoni ma non voglio fare un disco nuovo, diciamo che voglio cercare negli archivi qualcosa di inedito da pubblicare con la riedizione di Buon compleanno Elvis».
A proposito, nel nuovo Campovolo ci sarà un Memphis Boulevard, una sorta di gigantesca area con tanti punti di ritrovo al punto da far dire a Ferdinando Salzano di F&P che diventerà «una specie di Ligaland» con riferimento divertito alla Graceland di Elvis Presley. «La scorsa estate sono stato a Nashville con Lenny - conferma Ligabue - non mi aspettavo una botta di energia così, sono rimasto a bocca aperta, musica ovunque. Certo, lì c'è una recinzione di stile, lì il rap non entra». E nella sua musica, caro Ligabue? «Sono un amante delle canzoni da sempre, ho iniziato ad ascoltarle negli anni Sessanta quando avevano una melodia e un ritornello e continuo a essere affezionato al concetto di melodia, mi piacciono le canzoni se sono cantate. Perciò non mi attrae proprio una contaminazione con il rap».
Quando parla, Ligabue è vellutato, mai aggressivo, scherza ma solo un po' ed è molto abituato a rispondere a metà, com'è anche giusto che sia visto che un cantante si esprime soprattutto con la musica, non con le polemiche verbali né tantomeno con i dissing.
Però dice cose che nessuno ha il coraggio di dire. Tipo: «A Sanremo prima o poi ci devo tornare, perché l'ultima volta ho fatto una mezza ca..ata. Sanremo ti azzanna alla gola, arrivi lì e ti senti assediato. Io volevo strappare, volevo fare una cosa punk (arrivò su di un trono - ndr) ma è venuta fuori una ciofeca perché io non so recitare. Siccome mi è rimasta la bocca amara, a Sanremo prima o poi ci torno». Magari ci tornerà quest'anno, nuovo Conti e vecchi conti da saldare con il passato. Quasi quasi...
Intanto c'è questo tour di 31 date «nei teatri più belli d'Italia» tipo il Petruzzelli di Bari, il Valli di Reggio Emilia, il San Carlo di Napoli. In scaletta sono stati preparati 45 brani, ogni sera saranno 22 o 23, il ritmo è andante ma l'atmosfera è riflessiva, a tratti malinconica, spesso rilassata: «Questa è una sfida dove contano i dettagli ma, se ti riesce, fai qualcosa che magari musicalmente è più ricco». L'altra sera non c'era in scaletta, ma è comunque pronta, anche la nuova versione de Il mio nome è mai più, il pezzo contro la guerra pubblicato nel 1999 e che è stato appena ripubblicato: «Uscì mentre D'Alema era presidente del Consiglio e molti, anche politici, mi sollecitavano dicendo che la musica doveva far qualcosa. E questo è un problema perché dovrebbe essere il contrario, cioè la politica deve far qualcosa per la musica. In ogni caso, rimasi sorpreso dalle critiche che quel brano ricevette da destra ma pure da sinistra anche se è il singolo in cd più venduto della storia italiana».
Magari, visto che non ha perso di attualità, anzi, potrebbe rientrare nella scaletta anche del prossimo
Campovolo. Magari con la partecipazione di Jovanotti e Pelù: «Non ci abbiamo ancora pensato». Ma potrebbe capitare, così come capita tutto nel mondo di Ligabue: a sorpresa, ma dopo una lunga, lunghissima riflessione di un attimo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.