La comunicazione è donna: per la spiccata capacità femminile di individuare la sostanza delle questioni e il giusto modo di trasmetterla, con grazia e naturalità, oltre che di adeguarsi alle diverse situazioni. Ed è per questo che i responsabili di uffici stampa e comunicazione delle imprese milanesi preferiscono le donne per curare le relazioni con i media. Almeno in linea teorica. Perché poi l'altro lato della medaglia mostra la faccia della precarietà, anche questa, molto più femminile che maschile. Il quadro emerge da un sondaggio realizzato dai 18 studenti del primo master universitario di primo livello in Media relation dell'Università Cattolica di Milano. L'indagine, condotta su un campione di cento tra uffici stampa aziendali e agenzie di comunicazione con sede al 98% nell'area milanese e presentata ieri nell'Ateneo meneghino, traccia il profilo del comunicatore del futuro. Dunque, donna (preferita da quasi il 73% del campione intervistato), che sappia riconoscere le priorità, abbia capacità di comunicazione interpersonale e intuito, si mostri flessibile e che, soprattutto, mantenga la propria femminilità.
Quello che si cerca, allora, è una «velina»? Sembrerebbe proprio di no. A sfatare il mito della femminilità sinonimo di «poca sostanza», le altre caratteristiche richieste al responsabile della comunicazione: preparazione e professionalità, frutto di studi specialistici ma anche di tanta esperienza maturata sul campo. Insomma, un mix equilibrato tra la «letterina» e la «letterata». «Più che di una contraddizione tra due diversi tipi di donna - dice Angelica Fontana, già addetta stampa di Mediaset e oggi Communication manager dell'amministratore delegato di Sky - si tratta di coniugare in modo equilibrato i due aspetti. Oltre a "saperci fare", perché carine e spigliate, anche alle donne oggi viene sempre più richiesto di saper fare, ma con eleganza». Resta, tuttavia, la difficoltà che le donne incontrano a ottenere gli stessi risultati e le stesse possibilità degli uomini in un settore come quello della comunicazione dove, secondo il sondaggio, i rapporti lavorativi sono precari, fatti per lo più di contratti a tempo determinato (28,5%) o a progetto (27,4%). «Le cose stanno cambiando - testimonia ancora Fontana - e le specificità di genere vengono riconosciute e premiate. Io ho conosciuto molte donne che ricoprono posti importanti, soprattutto nelle aziende giovani».
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