«Ceviche» o «papadum» Gli stranieri nel piatto

I cibi etnici sono sempre più richiesti. Ecco qualche dritta sui locali più raffinati

Maurizio Bertera Le ultime ricerche di mercato sono illuminanti sulla crescente passione degli italiani per la cucina etnica: solo 15 su 100 non hanno assaggiato almeno un piatto straniero' nel 2015. Evidente che i soloni che negli anni '90 consideravano i piatti stranieri esemplare il caso del sushi sarebbero come moda passeggera, hanno preso un granchio (italico) colossale. Perché a livello di street food (kebab, in primis) come di alta cucina (nel 2014, è arrivata la prima stella Michelin della storia per un locale etnico: l'Iyo di Milano), sono cadute le barriere. Meglio così, perché sulla scia di quei cibi ormai diventati abituali, si possono gustare specialità altrettanto buone. Magari in pochi posti ma destinati ad aumentare. Detto che la capitale dell'etnico è da sempre Milano stradonimata da chef e patron cinesi e che sta godendo perdipiù dell'eredità lasciata da Expo - c'è fermento a Roma come a Genova, a Torino come a Firenze. E' un gran momento per le cucine centro e sudamericane. Il ceviche, simbolo di quel Perù che sta portando i suoi cuochi in vetta alle classifiche mondiali, piace sempre di più ai gourmet: il pesce crudo, marinato nel limone e speziato in varie ricette, si gusta in particolare all'elegante Pacifico di Milano, che fa parte del network del grande Jaime Pesaque. A Porta Nuova, da poche settimane, è sbarcata pure la cucina messicana d'autore: dimenticate nachos, burritos, e tristezze tex-mex perché al Besame Mucho si assaggia il meglio di ogni regione, come le tostadas (tortillas di mais) che fanno da base a carni e'pescado' di pregio, avocado e salse varie. Un concetto non lontano da quello delle papadum, le cialde croccanti gialle e speziate più che mai in auge nei ristoranti indiani. Per i neofiti delle parrilladas le grigliate argentine - mai dimenticare una partenza con le empanadas, i fagottini di pasta ripieni di carne e altro che si iniziano a trovare anche in versione street food. L'ultima moda a stelle e strisce è l'avocado toast, di cui è testimonial (reale) mr. Joe Bastianich: una fetta di pane (per la cronaca, il giudice di Masterchef lo consiglia nero di segale), una bella fetta del frutto schiacciato equello che volete, da un uovo al salmone oppure con un semplice tocco di peperoncino. L'Asia ha un vantaggio enorme sul resto del mondo: il pianeta culinario cinese che si sintetizza con un proverbio (se un cinese mangia ogni giorno un piatto diverso per tutta la sua vita, non conoscerà comunque tutta la sua cucina) e tante altre cucine con prodotti unici e fantasia. Oltre ad aver finalmente portato la versione d'autore in qualche locale (vedi il celebre Bon Wei meneghino), l'ultima tendenza del Drago è quella dim sum: si tratta dei piattini leggeri serviti originariamente con il tè, ora proposta seria, in particolare rappresentata dai ravioli al vapore con ripieni vari. Sempre più popolare è anche il ramen, la zuppa per antonomasia del popolo giapponese, declinata con più raffinatezza nei posti italiani ma piatto unico di grande godimento. Sempre per palati robusti c'è il kimchi dei ristoranti coreani con il suo potente mix di verdure fermentate e spezie mentre finalmente ci si imbatte in pad thai (spaghetti di riso saltati con uova, salsa di pesce, arachidi) degni rappresentati di una cucina fuori dal comune come quella tailandese.

Chiudiamo con un paio di suggestioni continentali, che stanno trovando un posto al sole, ovviamente sotto la Madonnina: lo smorrebrod, tartina nordica di pane, burro e un elemento di carne o pesce e il burek, fagottino di pasta fillo dove all'interno si trovano carne macinata, verdure o formaggio. Piatto cult di una cucina balcanica, ancora tutta da scoprire. Speriamo presto.

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