Chavez furioso col popolo: «Una vittoria di m...»

Il presidente venezuelano perde la calma e insulta l’opposizione. Nuova gaffe con la Spagna: «Riceverò il figlio di Juan Carlos, mi porterà le sue scuse»

da Washington

Non poteva durare. E infatti la calma e il «superiore distacco» di Hugo Chavez sono durate poco più di 24 ore, poi è tornato lo stile che tutti gli riconoscono, a Caracas e nel mondo. In una dichiarazione per lui breve, il presidente venezuelano ha annunciato che la battaglia continua anche dopo la sconfitta nel referendum, ha definito una «victoria de mierda» quella dei suoi oppositori, ha assicurato che i militari sono con lui e ha tirato un altro schiaffone alla casa reale di Spagna. Che a quanto pare aveva steso per metà la mano dopo la rissa verbale di Santiago del Cile allorché Juan Carlos si era sentito obbligato a intimare a Chavez di «chiudere il becco». Il ministro degli Esteri di Madrid, Moratinos, aveva proposto una soluzione diplomatica, cioè un incontro di Chavez con don Felipe, principe delle Asturie e erede al trono, a Buenos Aires, in occasione della «inaugurazione» del nuovo presidente argentino Cristina Fernandez; e Chavez ha subito rovinato tutto annunciando pubblicamente di essere pronto a «ricevere don Felipe, che lo ha chiesto per portarmi un messaggio di suo padre». Dunque le scuse e dunque l’incontro è saltato.
Ma più di quello che Chavez ha detto conta in che compagnia lo ha detto. Il presidente si è infatti presentato assieme al ministro della Difesa e ai capi dello Stato Maggiore dell’Esercito, della Marina, dell’Aviazione e della Guardia Nacional. Tutti lì per smentire le voci di un braccio di ferro che sarebbe in corso fra il potere civile e le forze armate o almeno che ci sarebbe stato la notte delle elezioni, quando sarebbero stati i militari a fare pressione su Chavez per indurlo ad accettare prontamente la sconfitta nel referendum, quando i conteggi non erano ancora terminati e il margine dei no era di poco superiore all’1%. La voce circolava, l’avevano pubblicato alcuni quotidiani. «Non è vero niente - ha detto Rangel -: non abbiamo fatto pressioni su Chavez, che non è un uomo “pressionabile”. Un uomo eccezionale, totalmente dedito ai principi democratici». Sia come sia, quella notte Chavez si presentò in tv per congratularsi con l’opposizione per la vittoria, anche se subito la definì, in base al ristretto margine, una «vittoria di Pirro».
Tre giorni dopo, Pirro è diventato «mierda». O almeno di tale materiale l’opposizione sta «riempiendo il suo successo, mentre invece non hanno niente da celebrare perché noi non abbiamo perso niente. E non ce ne staremo con le mani in mano. Si preparino perché arriva presto la nostra nuova offensiva. Ci riproveremo in altre condizioni e in un altro momento. Non cantate vittoria signori dell’opposizione».

La rivincita potrà essere tentata in vari modi: un nuovo referendum potrà essere convocato su richiesta del 15% dei votanti. Chavez potrà cambiare per decreto alcune leggi respinte nel referendum. Infine potrà far eleggere una assemblea costituente. Ma in serata Chavez spiazza di nuovo tutti: «Se non mi volete me ne andrò nel 2012».

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