Chi c’è e chi no sotto la Madonnina in bianco e nero

La Cineteca italiana ha aperto la rassegna «Sotto La Madonnina». Durerà fino all’8 giugno e presenterà allo Spazio Oberdan vari volti di Milano. Ci sono documentari sul bandito Renato Vallanzasca, il poeta Giovanni Raboni, il pittore Luigi Veronesi, autore anche del logo della Fondazione Cineteca Italiana, le attrici Franca Valeri, Mariangela Melato e Angela Finocchiaro, a Milano cresciute artisticamente.
Qualcuno girerà un giorno documentari anche sui giornalisti Sandro Giuliani e Aurelio Garobbio, Giovannino Guareschi e Leopoldo Sofisti; sul pittore Mario Sironi; sul disegnatore Gino Boccasile; sugli editori Leo Longanesi e Ugo Mursia, sul politico socialista Carlo Silvestri, sull'avvocato Peppino Prisco? Anche loro hanno contribuito a fare Milano fra gli anni Trenta e gli anni Ottanta: se qualcuno se ne ricordasse, magari il Comune, facendosi produttore con una parte dei soldi che avrà grazie all'Expo, il magnifico lavoro della Cineteca italiana potrebbe dare un quadro più completo della storia della città.
Idea bislacca? No. Chiude la rassegna della Cineteca il documentario Milano vive di Mario Milani: nel 1954 fu infatti il sindaco Virgilio Ferrari a incaricare Milani di raccontare l'attività e la vita del Comune: il suo è il primo documentario promozionale di un ente pubblico in Italia e venne realizzato quando il benessere era ancora una meta lontana. Attraverso i suoi fotogrammi in bianco e nero, Milano vive presenta la città nell'anno in cui alla Stazione Centrale i biglietti per Trieste erano ancora venduti allo sportello «Esteri», quando il cinema italiano, fin dal 1947, era incoraggiato dal governo a ricordare in qualsiasi modo che la città giuliana era nuovamente irredenta.
Era quello l'ultimo scorcio di italianità non ancora minata dal consumismo. Ci si può interrogare su quanto ne resti oggi, almeno nel ricordo. Ogni volta che si vede lo stadio di San Siro, in un filmato di derby d'epoca, dopo la sopraelevazione col secondo anello e prima della deturpazione col terzo, stringe il cuore a pensare che molti di quegli spettatori non ci sono più.

Peggio: quando c'è stata la bella mostra sulla Milano degli anni Cinquanta, a certi milanesi è parso vano evocare «un periodo di miseria». Invece era un periodo di rinascita: da prender ad esempio, ora, in tempo di declino.

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