Con fluviale ampiezza, Eugenio Scalfari è intervenuto ieri nella polemica sui rapporti tra la stampa e la politica: polemica innescata dalle doglianze dei Ds per il rilievo - secondo loro eccessivo - che il Corriere della Sera ha dato alla vicenda delle scalate bancarie, nonché delle intercettazioni telefoniche coinvolgenti Piero Fassino e Massimo DAlema. Scalfari ha ripercorso i fatti per approdare alle seguenti conclusioni.
1) Il Corriere della Sera di Luigi Albertini citato da Ernesto Galli della Loggia come modello dimparzialità, non lo fu affatto (figuriamoci, se ne deve dedurre, quello doggi); 2) Albertini interpretò gli interessi duna borghesia lombarda bottegaia, avida, reazionaria, nazionalista. Volle lintervento italiano nella prima guerra mondiale tacendo, di quellimmane carneficina, gli aspetti atroci, diede appoggio al movimento fascista prima di distaccarsene risolutamente; 3) stando così le cose è fuori luogo laccusa mossa a Repubblica (quella Repubblica, sottolinea Scalfari facendo forza alla sua istintiva modestia, che ha raggiunto e spesso superato per diffusione il Corriere), dessere un giornale-partito. Tutti i giornali insomma devono essere considerati portavoce di posizioni economiche e politiche più o meno facilmente decifrabili. Non si salva nessuno.
Il ragionamento - autoassolutorio e autoplaudente - è suggestivo. Io stesso lavevo un po avallato - con riferimento al Corriere doggi - commentando il grido di dolore fassiniano. Il segretario Ds, osservavo, aveva lamentato con accenti angosciati non tanto le interferenze del Corriere - come protagonista e non come testimone - nella vita pubblica, quanto uninterferenza occasionalmente ostile al centrosinistra. Ma detto questo devo aggiungere - un po sconfinando nel caso personale - che non possono essere fatte confusioni.
Quando Montanelli - con molti noti giornalisti del Corriere, me compreso - lasciò la comoda fortezza di via Solferino, e perfino osò sfidarla, non è che lui e noi volessimo abbandonare un partito ed entrare in un altro. Abbandonavamo il Corriere - con grande dispiacere, ma anche con la convinzione di assolvere in quel momento un compito utile al Paese - perché ritenevamo che stesse dimenticando le sue radici, tradendo la sua anima. Il Corriere aveva interpretato le virtù, gli slanci, magari le illusioni, se volete anche i limiti duna borghesia illuminata che comunque è stata la colonna vertebrale dellItalia migliore. Lo sentivamo, il Corriere, alla deriva in acque ideologiche e intellettuali che non erano le sue. Non pensavamo duscire da un giornale partito, e non volevamo creare un giornale partito. Volevamo soltanto dare una voce allItalia dei senza voce. E senza voce erano rimasti proprio quei borghesi moderati e illuminati che avevano fatto le fortune del foglio di Luigi Albertini. Infatti Montanelli non volle entrare direttamente in politica: mentre la politica attiva, con lelezione alla Camera, fu lincubatrice del cammino di Eugenio Scalfari e del suo quotidiano. Coronati da straordinario e meritato successo, quel cammino e quel quotidiano. Ma nutriti di politica e nella politica. Uomo partito, e giornale partito.
Mentre Scalfari saffiancava con ammirevole tempismo alle pulsioni postsessantottine e postsettantasettine, il quotidiano di Montanelli subiva attacchi violenti, e Montanelli stesso un attentato, perché abbietto fascista.
Al termine della sua articolessa Scalfari scrive che oggi la situazione è per fortuna ben diversa da quella dei tempi dAlbertini, «di borghesia vera e propria ce nè assai poca in giro e sembra un po più saggia dei suoi predecessori»; anche se qualche dissennato invoca luomo forte, «fosse pure il recupero di quello che abbiamo visto alla prova nellultimo quinquennio». Una battuta antiberlusconiana ci sta sempre bene. Mi guarderò bene dal turbare, in questi momenti rilassati, il compiacimento del fondatore di Repubblica per la lungimiranza delle sue previsioni. La mia impressione personale è che la storia non sia andata come i rivoluzionaretti da salotto presagivano.
Mario Cervi
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.