E' mio costume rispettare le leggi dello Stato anche se non le condivido, ma è anche mia abitudine di cittadino e di parlamentare battermi per migliorare leggi come quella sull’aborto che, salutate come grandi conquiste di civiltà, non sono mai state interamente applicate secondo principi originari della stessa legge. Nessuno, però, ha il diritto di attribuirmi cose che non ho mai né detto né pensato. Scorrendo i maggiori quotidiani di ieri, ho appreso che avrei presentato una mozione per modificare la legge 194 sull’interruzione di gravidanza. Non è così: la mozione, depositata già da oltre tre mesi, non chiede la revisione della legge, ma l’istituzione di linee guida (attualmente non previste dalla 194) per permetterne un’applicazione piena, coerente e omogenea.
Si tratta di un atto puramente amministrativo per adeguare le norme della legge 194 alle nuove tecnologie mediche, ed evitare per esempio che si ripetano casi drammatici come quello avvenuto all’ospedale Careggi di Firenze, dove un bambino di 22 settimane è sopravvissuto per qualche giorno a un intervento abortivo, eseguito in seguito a una diagnosi prenatale rivelatasi sbagliata. Il prossimo 22 maggio la legge 194 avrà compiuto trent’anni, e in questo tempo sono cambiate le tecniche e le terapie. Oggi un bambino fortemente prematuro ha molte più possibilità di sopravvivere, e non si può non tenerne conto; così come non si può non considerare la deriva eugenetica che rischia di passare tra le pieghe della legge, o il fatto che la prima parte della 194 per il sostegno alla maternità non sia mai stata applicata interamente. Capisco che il tema della revisione della 194 risulti ostico al laicismo giacobino e perfino a certi cattolici adulti, ma questo non toglie che sia giunto il momento di un’ampia e approfondita riflessione sulla tutela della vita fin dal suo concepimento.
È forse uno scandalo sostenere che i bambini malati vanno curati e non cancellati? È forse uno scandalo dire che la vita è un valore non negoziabile? Di fronte a casi così emblematicamente drammatici, non ci può essere una coscienza laica e una cattolica, ma una comune coscienza dei diritti inviolabili dell’uomo. Gli stessi padri della legge 194 mai avrebbero pensato di aprire le porte a una selezione genetica che invece sta diventando una triste routine in molti ospedali. Chi avrà la pazienza di leggere la mozione che ho presentato alla Camera oltre due mesi fa si renderà conto che il mio intento è quello di un’applicazione della legge secondo i suoi princìpi ispiratori, con maggiori sforzi nei colloqui con le donne per cercare di evitare l’aborto, con più stringenti controlli sulle gravidanze tardive e sulle «malformazioni del nascituro», oltre ad una politica di sostegno per le maternità difficili. Io chiedo soltanto un’applicazione della legge 194 coerente con le sue premesse: difesa della salute della madre, tutela della vita nascente, attività di sostegno psicologico e sociale alle madri in difficoltà, offerta di alternative alla soluzione estrema dell’aborto.
Invece la 194 è rimasta in gran parte sulla carta: è mancato il sostegno che consenta alle donne di portare a termine la gravidanza, la diffusione e lo sviluppo delle diagnosi prenatali hanno di fatto scardinato gli articoli 6 e 7 della legge, pensati in
origine per circoscrivere il ricorso all’aborto terapeutico, ed escluderlo quando il bambino ha possibilità di sopravvivenza autonoma (quindi a partire dalla 22esima settimana).*Coordinatore di Forza Italia
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