La Chiesa parla, il mondo laico ascolta

Nella storia dell’Italia contemporanea il rapporto tra religione e politica è stato prevalentemente letto in una sola chiave, quella del rispetto rigoroso dei confini tra Chiesa e Stato. La grande novità degli ultimi anni consiste nella rottura di questo schema e nel conflitto politico e culturale che ne è seguito. Il dizionario si è arricchito del neologismo «teocon», ma anche altri termini - come, ad esempio, «laicismo» - hanno cambiato il loro significato. In Cattolici, pacifisti, teocon. Chiesa e politica in Italia dopo la caduta del Muro (Mondadori, pagg. 194, euro 17) Gaetano Quagliariello ricostruisce questo passaggio.
In realtà si tratta dell’inizio di un passaggio. Inizio non solo perché continua ad apparire lungo e problematico il superamento di una dicotomia che si trascina dal Risorgimento e che quindi è nel dna dello Stato unitario fin dalla sua fondazione, ma soprattutto perché è la grande questione che accompagna e segna un cambiamento d’epoca nell’intero Occidente e che travalica i confini del nostro dibattito domestico, condizionato dagli equivoci e dai retropensieri di un bipolarismo asfittico. Inizio, infine, perché non c’è da aspettarsi un esito rapido del conflitto, come troppo facilmente si lascia intendere anche in questa campagna elettorale: non c’è da aspettarsi blitz risolutivi da una parte o dall’altra, con l’irruzione sulla scena della Rosa nel pugno o con la corsa affannosa a chi rappresenta meglio l’opinione cattolica o con i cadenzati interventi del cardinal Camillo Ruini. La complessità presuppone tempi più lenti: si è innescato un lungo processo grazie al quale il fattore religione e i suoi valori, in primo luogo la centralità della persona e la libertà, diventano «un elemento sociale diffuso».
Lo storico Gaetano Quagliariello ci aiuta a leggerne le ragioni, attraverso i passaggi che hanno in primo luogo cambiato la Chiesa e il suo rapporto con la società italiana. La ricerca ha come asse un dato politico da cui non si può prescindere, la sparizione della Democrazia cristiana e la fine dell’unità politica dei cattolici, che è poi uno dei temi più discussi nell’ultimo quindicennio, data l’eccezionalità storica che ha plasmato l’identità nazionale.
Ma la ricerca non si può limitare a questo aspetto e qui c’è un primo stimolo. La polemica laicista contro il «neo-clericalismo» tende a non distinguere e a leggere gli ultimi decenni secondo lo schema di una semplicistica continuità. In realtà il Concilio Vaticano II, la sconfitta nel referendum sull’abrogazione del divorzio, la nuova dimensione globale aperta dal pontificato di Karol Wojtyla, la fine del comunismo e la chiusura del XX secolo, la stagione pacifista, l’11 settembre, sono tutte tappe che hanno segnato altrettante svolte e che hanno costantemente aggiornato il messaggio della Chiesa. Senza tener conto di questo processo, la cui natura è in primo luogo culturale e non ha nulla di temporale, è impossibile comprendere perché il messaggio religioso è diventato sempre più pesante nell’Italia e nell’Europa secolarizzate.
Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger - e nella dimensione nazionale Camillo Ruini - hanno ricollocato stabilmente il messaggio cattolico in una sfera di valori che ha il suo epicentro nella libertà e nella modernità. E il limite di fondo del laicismo sta nel non aver fatto i conti con questa novità, nell’aver cercato di tirare a sé alcuni messaggi - come quelli della «parentesi pacifista», come la definisce Quagliariello - nell’illusione di un’annessione politica, seguendo il metodo disinvolto che ha costruito l’area del relativismo e della sua New age. E sta anche nel non aver compreso che questa novità riguardava la Chiesa non tanto come istituzione, ma soprattutto come punto di riferimento di un’area culturale, certamente cattolica ma anche laica. Nelle pagine di Cattolici, pacifisti, teocon questo fenomeno è descritto in controluce. È il fenomeno che ha portato all’inizio della fine della separazione non tanto tra Chiesa e Stato - chi la discute? - ma tra religione da una parte e politica e società dall’altra. Qui si è rotta la vecchia costruzione laicista italiana, qui ciascuna per proprio conto hanno preso forma le elaborazioni e gli impegni del Foglio, di Liberal, di Marcello Pera.
Il neologismo «teocon» - lo ricorda Quagliariello - è ormai entrato nel lessico politico, sia pure con intenti denigratori, a indicare una cultura «sviluppatasi all’ombra della difesa dell’Occidente e della consapevolezza del ruolo giocato nella sua storia dal cristianesimo». Può piacere o non piacere, sottolinea però in modo simbolico l’inizio del superamento della dicotomia tutta italiana laico-cattolico.
E qui Quagliariello non più solo storico ma anche uomo di parte - presiede la fondazione Magna Carta, creata da Marcello Pera - coglie alcune linee di tendenza. Vede il rimescolamento delle tradizionali famiglie liberali e cattoliche, nota la difficoltà dei cattolici progressisti che si sono imbattuti con imbarazzo in concezioni deboli e relativistiche e, soprattutto, avverte che, nel superamento del vecchio rapporto tra religione e politica, sarà difficile per l’Europa recepire in toto il «modello anglosassone», in particolare quello americano, costruito sulla «religione civile».

Non entra però nel merito della grande questione, di cui tanto si discute, se il grande cambiamento che ha descritto riuscirà ad assumere una forma politica. È una giusta prudenza che comunque sottolinea ancora di più - almeno la interpreto così, anche da un punto di vista laico - il peso della novità culturale di cui l’Italia sta vivendo l’inizio.

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