Lo choc della famiglia Cucchi: in casa c’era un chilo di droga

RomaStefano Cucchi, quel maledetto 15 ottobre, l’ultimo suo giorno da uomo libero e uno degli ultimi da uomo vivo, era sano o no? Gira anche attorno a questo dilemma il giallo sulla sua morte avvenuta all’ospedale Sandro Pertini di Roma dopo - secondo l’accusa - un pestaggio da parte di tre guardie carcerarie e giorni di trascuratezza da parte del personale sanitario. Il geometra romano aveva un fisico apparentemente molto debole, ciò che farebbe pensare a uno stato di debilitazione pregressa che avrebbe facilitato il suo repentino deperimento nei sei giorni intercorsi tra il suo arresto e la sua morte. Tesi questa contro la quale si sono scagliati ieri i legali della famiglia Cucchi, che hanno recuperato nella palestra all’Anagnina che il geometra frequentava il tabulato del sistema di ingresso che registrerebbe il passaggio del badge del trentunenne alle ore 18.59 del 15 ottobre, quattro ore e mezzo prima del suo fermo per possesso di droga.
Secondo i titolari della palestra, Cucchi quella sera avrebbe svolto regolare attività fisica come tante altre volte: pesi, tapis roulant e kick boxing le sue attività abituali. E spunta anche un certificato medico di sana e robusta costituzione datato 3 agosto presentato alla segreteria della palestra e ora finito negli atti processuali.
Ma non è stato questo l’unico colpo di scena di giornata. La Procura di Roma sta lavorando su alcune macchie di sangue riscontrate sui pantaloni che Cucchi indossava il 17 ottobre, al momento del ricovero al Pertini, il giorno dopo l’udienza di convalida dell’arresto a piazzale Clodio, dove si sarebbe svolto - secondo l’accusa e secondo il supertestimone - il pestaggio da parte delle guardie carcerarie. La Procura vuole sapere se quelle tracce ematiche appartengano allo stesso Cucchi e per questo ha disposto una consulenza tecnica affidata a Carla Vecchiotti del dipartimento di medicina legale dell’università La Sapienza; all’accertamento prenderanno parte anche consulenti dei sei indagati. Ma i momenti della verità saranno altri. Per uno c’è già una data e un’ora: il 23 novembre prossimo alle 9 di mattina, quando la salma del geometra sarà esumata per consentire ai consulenti medico legali di accertare se sul cadavere ci siano lesioni da percosse e se l’assistenza al Pertini sia stata adeguata e tempestiva.
Grande attesa anche per l’interrogatorio tramite incidente probatorio che «cristallizzerà» la deposizione dell’immigrato che avrebbe visto Cucchi picchiato e ne avrebbe poi raccolto le confidenze. L’uomo è stato trasferito in una struttura di recupero per tossicodipendenti, ciò che ha creato qualche polemiche. «Si crea un precedente specifico che apre un pericoloso varco nella certezza del diritto», dice il segretario della Uil penitenziari Eugenio Sarno, che teme un fiorire di delazioni da parte dei detenuti speranzosi «di uscire».
Quello che ormai pare assodato è che Cucchi gestisse una fiorente attività di spaccio. Almeno è quello che lascia pensare il contenuto di un armadio di un appartamento a Morena, alla periferia di Roma, di proprietà della famiglia dove Cucchi ogni tanto trascorreva la notte. Facendo pulizie i familiari del geometra morto hanno rinvenuto 925 grammi di hashish e 133 di cocaina, oltre a due bilancini di precisione e a materiale per il confezionamento della droga.

La notizia è stata data dalla stessa famiglia alla Procura, tramite gli avvocati Fabio Anselmo e Fabio Piccioni, e la polizia è stata incaricata di procedere al sequestro dello stupefacente. «La scoperta e la comunicazione della notizia agli inquirenti - hanno detto i due avvocati - è la dimostrazione della trasparenza e della correttezza dei familiari di Stefano».

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