«Ci ha traditi la Finanziaria, è il nostro momento più basso»

Peppino Caldarola (Ds): «Sento paura, incomprensione e sconcerto. Colpa di una manovra che ha i suoi critici anche fra i nostri sostenitori»

Luca Telese

da Roma

La sconfitta in Molise? «Un campanello d’allarme. Bisogna mettersi in testa che la finanziaria così com’è non va, non si capisce, e che tra quelli che la contestano ci sono tante persone perbene, mica nemici del popolo». Caspita. Peppino Caldarola, dalemiano (di opposizione) nei Ds non risparmia fendenti. Mentre lo stato maggiore dell’Unione è preso da esercitazioni pompieristiche sull’esito del voto, spiega in questa intervista la sua analisi.
Onorevole Caldarola, sa cosa dicono? Il Molise è piccolo e lontano da Roma, come il villaggio di Asterix...
«Sbagliano. Vede, ricordo che all’inizio degli anni Settanta, nel Pci di Enrico Berlinguer discutemmo per mesi, a livello nazionale, di una storica sconfitta a Castellammare di Stabia».
Piccoli numeri che decidono i grandi?
«Anche il ciclo vincente dell’Ulivo iniziò con dei risultati amministrativi importanti. Io credo che i numeri parlino. E qui ci dicono che ci sono un vincitore e uno sconfitto. A quanto pare non sempre chi governa viene punito...».
Ruta, lo sconfitto dice: senza questa Finanziaria avrei potuto vincere.
«Ha ragione».
Onorevole Caldarola, non la facevo così severo.
«Io credo che il segnale sia chiaro. Questo voto si è incrociato con il momento più basso nella storia dell’Unione».
Caspita.
«Sento intorno a questa Finanziaria paura, incomprensione e sconcerto...».
Addirittura «sconcerto»?
«La manovra è vista male, anche da elettori nostri. Non se ne capisce il senso».
Non sono dei kulaki benestanti, ad opporsi.
«Non sono né kulaki né evasori, come vorrebbe far credere qualcuno. Sono cittadini perplessi che si ribellano».
Molti suoi compagni di partito dicono: è il centrodestra che li organizza...
«Il centrodestra fa la sua parte, ovvio, organizza la protesta, esattamente come la organizzavamo noi quando eravamo all’opposizione. Ma non si può non accorgersi del fatto che questa protesta c’è, e non è certo una invenzione di Berlusconi».
Chi sono i «ribelli» alla manovra Visco - Padoa-Schioppa?
«Tanti cittadini perbene, insisto, a cui è arrivato il messaggio di uno Stato che chiede e non dà. Molti di loro sono al limite del benessere, ma non sono assolutamente “ricchi” che devono “piangere”, per stare al celebre manifesto di Rifondazione».
Come tradurrebbe in estrema sintesi il voto del Molise?
«Che lì la luna di miele non c’è stata. Che in molte aree del Paese il nostro messaggio non è chiaro. Sfido chinque a portare i temi un po’ astrusi del dibattito sul partito democratico che c’è stato a Orvieto e calarlo nella realtà molisana».
Un dato paradossale è che il calo maggiore l’ha avuto la lista dell’Ulivo.
«In realtà anche questa è una conferma di cose che io e molti compagni dei Ds stiamo dicendo da tempo».
Cioè?
«Una cosa è una lista. Un’altra è un partito unico. Dicono che il secondo abbia più attrattività del primo. Io penso il contrario, e questo voto lo conferma».
Come si spiega?
«Gli elettori dell’Ulivo sono molto... free, direi. Se ti irrigidisci in un contenitore costretto, chi non è d’accordo rischia la disaffezione. Ma è vero anche il contrario: chi ha un’identità di partito definita si sente spogliato della propria».
E il famoso popolo delle primarie?
«C’è, eccome. Ma forse questo popolo non si riconosce nel partito democratico che è stato disegnato in questi giorni».
Lei non crede che ci sia una domanda di partito?
«C’è una domanda di rappresentanza. Di partito non mi pare che si avverta un bisogno urgente».
Cosa chiede a Fassino?
«Se sa dove stiamo andando».
Come è cattivo.


«No, dico sul serio: vede, Prodi e Castagnetti hanno detto che loro vanno oltre il socialismo europeo. Lui dice di no. Alla fine non si capisce più nulla».
Lui vuole fare un congresso.
«Sì, ma un congresso sullo slogan “Non possiamo tornare indietro” non ha senso».

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