«Ci sono ostaggi di serie B Per loro non si fa quasi nulla»

Magdi Allam: «Non c’è confronto con gli sforzi fatti per i prigionieri legati alla sinistra»

Magdi Allam si definisce un musulmano laico. Vicedirettore ad personam del Corriere della sera, 55 anni, nato a Il Cairo è in Italia dal 1972 e oggi gira con la scorta a causa delle sue nette prese di posizioni nei confronti dell’estremismo e del terrorismo islamico. Promotore della manifestazione del 4 luglio a favore dei cristiani perseguitati risponde senza peli sulla lingua sul caso di Giancarlo Bossi il missionario rapito nelle Filippine.
Domani a Roma lancerete un forte appello per la liberazione di padre Bossi sostenendo che sulla sua sorte “grava una vergognosa e inaccettabile cappa di silenzio e di indifferenza”. Come è possibile?
«È possibile perché viviamo in un paese fortemente ideologizzato a livello di classe politica e di governo, nelle comunicazioni di massa, nel mondo accademico, nella magistratura e negli enti locali. Questa ideologizzazione fa sì che si usi un doppio parametro etico quando si tratta di fronteggiare il problema degli ostaggi. Abbiamo assistito a mobilitazioni nazionali per liberare le due Simone, Giuliana Sgrena, Daniele Mastrogiacomo e perfino di un cittadino non italiano fortemente sospettato di essere colluso con i talebani, Rahmtaullah Hanefi (mediatore di Emergency nel sequestro Mastrogiacomo arrestato dai servizi afghani per tre mesi nda). Per lui la diplomazia italiana si è spesa a tutti i livelli esercitando fortissime pressioni nei confronti del presidente afghano Hamid Karzai, quasi si trattasse di una priorità nazionale, mentre nei confronti dei religiosi cattolici, italiani che rischiano la loro vita per testimoniare la fede, veri martiri del bene altrui, si fa poco o nulla. Solo in ritardo, dopo che erano esplose le polemiche è stata messa una fotografia di padre Bossi in Campidoglio».
La Farnesina sostiene che si mobilita alla stessa maniera per tutti gli ostaggi. Cosa ne pensa?
«Sottigliezze diplomatiche, giochetti che farebbero bene a risparmiarci. Mi sembra evidente che ci sia stato un atteggiamento di latitanza».
Vuol dire che esistono ostaggi politicamente corretti e altri no?
«Esiste un approccio ideologico per cui ciò che è lecito quando si tratta di assicurare la liberazione di un ostaggio appartenente all’area di sinistra viene invece considerato inaccettabile quando l’ostaggio è di altra area».
Lei intende che con la liberazione dei 5 talebani per Mastrogiacomo e il caso del missionario rapito siamo di fronte a due pesi e due misure?
«Più che una domanda si tratta di una constatazione della realtà. Mi auguro che una giusta polemica serva a far cambiare linea al governo, il quale non si può nascondere dietro la furbizia di dire è meglio tenere un profilo basso. Il governo italiano, così come ha alzato la voce per la scarcerazione di un amico dei talebani deve fare lo stesso per padre Bossi».
Anche il Corriere si è svegliato tardi su padre Bossi ed i grandi media ne parlano poco. Inoltre sembra che ci sia un timore nell’utilizzare termini come tagliagole islamici, terrorismo islamico. Da dove deriva questa specie di autocensura?
«Dalla paura e da un approccio ideologico che fa immaginare una natura reattiva del terrorismo islamico. Ovvero che la causa generatrice, i colpevoli, siamo noi».


Intende l’Occidente con gli interventi in Afghanistan ed in Irak?
«Esatto e questo approccio fa sì che taluni esponenti del governo italiano pensano che Bush e Bin Laden pari sono o peggio ancora che gli Stati Uniti siano lo stato terrorista e non Bin Laden. La tendenza al politicamente corretto nasconde in realtà una collusione ideologica che tende a mettere tutto sullo stesso piano finendo per legittimare quelli che si riveleranno i nostri carnefici».

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