La Cina fa strada sul mercato fotocopiando le auto europee

da Pechino

Dal Salone dell'Auto di Pechino, aperto da ieri fino al 28 aprile, arriva la conferma: la Cina si avvicina. Perché la Capitale è ormai avvolta in permanenza da una cappa di smog che neanche certe giornate d'inverno a Torino o Milano. Perché per raggiungere dal centro città i padiglioni della nuova Fiera - venuta su dal nulla come tutto in questi mesi di febbre olimpica - bisogna passare una mezza mattinata in coda a passo d'uomo, manco fosse un lunedì mattina sulla A4 o o il Grande Raccordo Anulare. Succede, quando a milioni si sale di colpo dal risciò all'auto, senza passare neppure dalla Vespa o dall'Ape.
Eppure la Cina resta lontana. Perché per quanto si sforzino, i costruttori locali ne devono ancora fare di strada prima di accostarsi agli standard delle grandi Case europee, giapponesi e americane. Per fare buone auto non basta disporre di un serbatoio pressoché inesauribile di manodopera a bassissimo costo. Servono tecnologie, investimenti a lunga gittata e una sensibilità per lo stile che i cinesi non potevano inventarsi da un giorno all'altro. Dunque, non potendo accorciare i tempi, per ora copiano. Anzi scopiazzano senza pudore. E non c'è nulla che li trattenga, quantomeno a casa loro, dove le leggi sulla proprietà intellettuale non hanno alcun valore. Vanno di moda i gipponi? Ecco una riproduzione quasi perfetta dell'Hummer H2. Anche nel nome, ma con due emme in meno, per non farla troppo sporca. E un tocco di sportività, con le portiere che si sollevano in avanti come sulle Lamborghini. Prima di farle, devono averci pensato a lungo quella della Langbo, che il programma ce l'hanno nel nome. Dal gigante alla bambina, cioè la Smart. Accostarla per credere alla Noble, che le somiglia come una goccia d'acqua fuori, nella doppia colorazione, e pure dentro: l'unica differenza la fanno i due sedili in più dietro, a ridosso del lunotto. Per la serie: se ti tamponano, il colpo di frusta (e non solo quello) è assicurato. C'è chi ha provato a importarla da noi, la Smart «laccata» come l'anatra in Cina, ma quelli di Mercedes, dopo aver sudato anni per imporre il marchio, gli hanno dato l'altolà con tanto di diffida da parte un giudice. E per mettere in chiaro chi fa la carte, cioè ha la citycar giusta, hanno deciso di esporre l'originale a Pechino, con l'intenzione di venderlo anche in Cina dall'anno prossimo.
Se copiare è umano, perseverare è diabolico: dopo aver clonato la Panda con la Peri, la Great Wall ha deciso di farsi beffe dell'irritazione della Fiat e al Salone presenta pure l'emulazione della versione 4x4. «Tanto, chi ci tocca qui», è il ragionamento di Wang Shi Hui, che in Great Wall cura l'espansione sugli altri mercati.

Piuttosto c'è da chiedersi cosa potrebbe succedere qualora dovessero sbarcare in Europa, con una manovra a tenaglia, le varie imitazioni delle nostre «piccole» in mostra adesso a Pechino: dalla Lifeng 320 che rifà il verso alla Mini alla Polarsun che ricalca in tutte e tre le dimensioni la Honda Jazz, dalla Byd F1 che richiama a piè pari la Toyota Aygo (a proposito: chi la costruisce approderà nel nostro Paese con due berline a inizio 2009) alla Chery Faira che sembra un cocktail di tutto quello che c'è sul mercato, per finire con un prototipo della Geely che ricorda più che altro la Kia Picanto e - colmo dei colmi - per via dei fari a orsetto è stato chiamato Panda. Tutto è permesso nella Cina delle meraviglie e tutto, con l'esercito del popolo schierato a ogni angolo del Salone oggi e dello stadio olimpico domani, è come sempre sotto controllo.

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