"Con la Hack ho viaggiato nello spazio della libertà"

L’Iintervista Cristiana Capotondi, l’attrice interpreta l’astrofisica in «Margherita delle stelle» (il 5 marzo su Raiuno). «Che coraggio, modello per le donne»

"Con la Hack ho viaggiato nello spazio della libertà"
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«Margherita Hack ha puntato sulla stella giusta, non solo da scienziata ma anche come donna». Ecco, nelle parole di Cristiana Capotondi che le presta volto e voce, il senso del film tv dedicato a una delle più grandi scienziate italiane, astrofisica, insegnante, divulgatrice, spirito libero e anticonformista, prima donna italiana a dirigere un osservatorio astronomico (a Trieste).
Margherita delle stelle andrà in onda martedì prossimo in prima serata su Raiuno: produzione Minerva Pictures, regia di Giulio Base, con Cesare Bocci e Sandra Ceccarelli nei ruoli di padre e madre della ricercatrice e Flavio Parenti in quello del marito. Un titolo che non dovrebbe tralasciare il cognome - come spesso si fa con le donne ma che evoca poeticamente la luce di una figura di enorme importanza per il mondo scientifico italiano e per l’evoluzione della nostra società.

Dunque Cristiana, che cosa ha significato per lei calarsi nei panni di una donna di così tanti talenti e sfaccettature?
«È stato molto bello entrare in questo personaggio, un vero e proprio viaggio verso le stelle. Una metafora della vita. Non solo lei è stata protagonista di scoperte molto importanti nel campo dell’astrofisica, ma ha avuto anche la forza e il coraggio di porsi in contrasto con le usanze del tempo in cui le donne potevano aspirare solo a diventare mogli o madri».
Infatti il film si sofferma sulla Hack come modello di emancipazione, più che sull’importanza del suo lavoro scientifico.
«Al pubblico si è voluto raccontare la formazione giovanile della ricercatrice (basandosi sull’autobiografia Nove vite come i gatti, scritta insieme a Federico Taddia), la libertà in cui l’hanno cresciuta i suoi fantastici genitori nonostante il fascismo e nonostante i condizionamenti e le limitazioni di un mondo prettamente maschile».

In più l’incontro con un uomo, Aldo De Rosa, che, riconoscendo il suo genio, le è stato sempre accanto e l’ha sostenuta lasciandole totale libertà in un mondo ben diverso.
«All’epoca, che una donna passasse la notte a studiare le stelle in un osservatorio in mezzo agli uomini era una cosa rivoluzionaria. Aldo è stato uno dei motivi per cui Margherita è diventata la Hack. Un uomo che non si è sentito affatto sminuito per le capacità della moglie, ma che anzi si è messo al suo servizio e l’ha aiutata, lui che era un letterato, nell’opera di scrittura e di divulgazione attraverso un linguaggio semplice ed immediato».

Insomma un esempio per le bambine di oggi, donne di domani.
«Infatti io spero che questa fiction sia vista, oltre che dalle ragazze, anche dai loro genitori. Ancora oggi sono poche le giovani che scelgono di studiare scienze, tecnologia, ingegneria e matematica. Magari da piccole mostrano interesse, ma poi quando si arriva a fare la scelta del liceo, si rivolgono alle materie umanistiche, perché i condizionamenti sociali sono ancora molto forti, nonostante i tanti progressi fatti. Invece bisogna educare le nostre figlie anche a prendersi la responsabilità di deludere le aspettative degli altri».

Anche lei ha una figlia, di un anno e mezzo. Nata da una madre libera, indipendente e consapevole.
«La vita mi ha dato il dono di accompagnare un essere umano. Che non è un mio possesso. E a cui cercherò di trasmettere, oltre al concetto di autonomia, anche l’idea che chiedere aiuto, se serve, non è sinonimo di fragilità, ma di forza, come del resto la possibilità di una vita a due».

Tornando alla fiction, non rischia di essere troppo agiografica?
«Essendo un film in un’unica puntata e non una serie, gli autori hanno dovuto compiere delle scelte, perché non si poteva raccontare tutto. Comunque vengono ritratti anche alcuni aspetti particolari del carattere di Margherita, come il linguaggio diretto, istintivo, l’ironia toscana, l’abbigliamento ultra-comodo.

Si racconta delle scelta in gioventù di leggere il giuramento fascista per poter partecipare alla premiazione delle gare di salto in alto. E di come negli studi fosse svogliata, avendo deciso per caso il corso di laurea in fisica. Insomma, la sua vita, non una santificazione».

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