“Non così vicino”, Tom Hanks in un dramedy che riconcilia con la vita

Un racconto cinematografico un po’ vintage ma dalla dimensione universale, che parla di speranza ed empatia, aiutando con delicatezza chi tra gli spettatori abbia il cuore malconcio

“Non così vicino”, Tom Hanks in un dramedy che riconcilia con la vita

Non così vicino” di Marc Forster, il nuovo film con protagonista Tom Hanks, è una storia di rinascita, un viaggio in equilibrio tra commedia e dramma. Ancorché prevedibile nello sviluppo, di sicuro un’opera capace di far sorridere e commuovere.

Tratto dal bestseller "L'uomo che metteva in ordine il mondo" dello scrittore svedese Fredrick Backman e remake cinematografico di “Mr. Ove”, “Non così vicino”, in lingua originale "A man called Otto", racconta di Otto Anderson (Tom Hanks), un uomo rimasto da poco vedovo. Ha 63 anni, risiede a Pittsburg ed ha un carattere impossibile da vecchio brontolone incapace di relazionarsi con gli altri. Sentendosi custode in pectore del piccolo centro residenziale in cui vive, ogni mattina fa la ronda per prendersela con chiunque non rispetti le regole. Costantemente accigliato, scorbutico e indisponente, pare essere in crociata contro il mondo.

La sua misantropia patologica peggiora quando è costretto ad andare in pensione. A questo punto programma un’uscita di scena prematura, ma il primo di vari e maldestri tentativi di suicidio è interrotto dall’arrivo di una chiassosa famigliola che ha preso in affitto la casa di fronte alla sua.

Tommy (Manuel Garcia-Rulfo) e Marisol (Mariana Treviño) hanno due bambine e un terzo discendente ormai in dirittura d’arrivo. Sono pasticcioni, espansivi e socievoli in maniera invadente ma, a poco a poco, riusciranno proprio per questo a tirare fuori da Otto un’umanità che sembrava svanita. Affezionandosi gradualmente ai nuovi vicini, l’uomo recupererà, seppur con gran fatica, la perduta voglia di vivere, ritrovando il suo posto nel mondo.

Da spettatori veniamo introdotti ai sogni spezzati e alle illusioni perdute di Otto attraverso flashback in cui frammenti del passato appaiono ora fiabeschi ora dolorosi, (scene in cui a interpretare il protagonista da giovane è il figlio di Hanks). Ripercorrendo gli anni trascorsi dal primo incontro con la futura moglie fino al tragico congedo da lei, Otto si sta affrancando da tutto, è il suo modo di salutare la vita.

Il piccolo mondo dintorno in cui vediamo muoversi figure stilizzate manca ormai di appeal per lui. Quando i piccoli, confortanti rituali non bastano più a restare anestetizzati, si riaffaccia la triste malinconia che caratterizza certe anime inquiete. Fare breccia oltre l’apparenza rabbiosa, insinuarsi in qualcosa che è un misto di vulnerabilità, immaturità e disperazione, non è impresa facile. Eppure Marisol, uragano d’origine messicana, ci riesce con piccoli stratagemmi: dapprima offrendo manicaretti al ruvido vicino, poi reclutandolo come istruttore di guida, infine affidandogli le sue bambine.

Un adorabile gatto randagio, un vicino di casa in difficoltà e una ragazza transgender faranno il resto compiendo un piccolo miracolo, quello di distogliere la vista di Otto dal buio e di restituire al suo presente uno sguardo sul domani.

Ci si affeziona a questo bisbetico che, da copione, finirà per essere domato e che ci permette di riflettere sul significato ultimo dell’esistenza, ponendo l'accento su come l’interazione affettiva tra esseri umani abbia potere salvifico.

“Non così vicino”, a corollario della vicenda principale, mostra la disillusione verso un Paese di cui si coglie tutta la decadenza valoriale: si allude all’America del capitalismo selvaggio, quello che calpesta i deboli in nome del profitto, e si mostra l’uso sconsiderato dei social

network.

Malgrado un po’ di retorica appesantisca in alcuni momenti la visione, il film scorre senza mai diventare pesante o stucchevole, riuscendo invece a essere addirittura emotivamente “medicamentoso”.

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