Pretty Woman, quel finale inedito che doveva trasformarlo in tragedia

Tutti conosciamo Pretty Woman, il film con Julia Roberts che ha finito col diventare un nuovo classico del cinema, ma non tutti sanno che, all'inizio, il film non doveva essere una commedia romantica

Pretty Woman, quel finale inedito che doveva trasformarlo in tragedia

Ci sono film che non hanno una data di scadenza. Pellicole che riescono a diventare dei nuovi classici della settima arte, al punto da diventare patrimonio condiviso dell'immaginario collettivo del grande pubblico. Ed è indubbio che Pretty Woman rientri in questo genere di lungometraggi. Disponibile questa sera alle 21.30 su Rai 1, Pretty Woman è il film diretto da Garry Marshall che racconta la storia di un amore impossibile. Non tutti, però, sanno che all'inizio Pretty Woman non solo non doveva essere una commedia romantica, ma non era nemmeno previsto che per i protagonisti ci fosse l'ormai iconico lieto fine.

Pretty Woman, la trama

Vivian (Julia Roberts) è una donna che lavora per strada, una ragazza che cerca di sopravvivere in quel di Los Angeles facendo la prostituta. Sapendo di non avere molte possibilità per cambiare il proprio fato, Vivian accetta il suo destino con il sorriso sulle labbra e cercando di mantenere la sua positività. Tutto cambia, però, quando durante un "turno" la ragazza si imbatte in Edward (Richard Gere), un imprenditore al quale servono solo indicazioni stradali e che invece si trova non solo a portare la ragazza nel proprio hotel per passarci la notte, ma finisce per "noleggiarla" per tutto il weekend, chiedendole di apparire al suo fianco come accompagnatrice durante le fasi più delicate di una fusione aziendale. Quello che era iniziato come un semplice contratto di lavoro, però, pian piano si trasforma in qualcosa di più profondo, qualcosa che spaventa entrambi, perché nessuno dei due ha mai davvero avuto a che fare con l'amore vero.

Come doveva essere il finale

Grazie al successo ottenuto sin dall'uscita in sala, Pretty Woman ha finito col diventare uno di quei miti intramontabili del cinema che riesce a convincere gli spettatori a vedere e rivedere il film a ogni passaggio televisivo. Realizzato come se fosse una riscrittura in chiave moderna della fiaba di Cenerentola, Pretty Woman ha avuto tanto successo perché aveva un tono quasi rassicurante. Dietro la fiaba, infatti, c'era il sogno e l'illusione che anche nella vita più difficile e disperata può apparire un raggio di sole, quel colpo di scena inaspettato capace di trasformare la tragedia dell'ordinarietà in un vero e proprio lieto fine da favola. Partendo da questo presupposto è quasi incredibile pensare che, all'inizio, Pretty Woman non era pensato per concludersi con il proverbiale "e vissero per sempre felici e contenti." Come si legge su Vanity Fair, lo sceneggiatore del film, J.F. Lawton aveva scritto la prima versione del film sul finire degli anni Ottanta (Pretty Woman è arrivato in sala nel 1990) e lo aveva intitolato 3,000. L'ispirazione di base per il lungometraggio che poi sarebbe diventato Pretty Woman veniva da Wall Street, la pellicola di Oliver Stone che era incentrata sul mondo della finanza e degli affari. E, in effetti, Lawton voleva concentrarsi proprio sul tema dei grandi finanzieri che finivano con il distruggere le compagnie - spesso a conduzione familiare - che acquistavano. Un tema che è rimasto anche nella versione finale della pellicola, quando viene mostrato il lavoro di Edward e il modo famelico in cui i suoi colleghi lo spingono a prelevare un'azienda, anche se questo significa farla a pezzi. La presenza di una prostituta, inoltre, serviva allo sceneggiatore per fare una denuncia all'America, per mostrare al grande pubblico la grande disparità sociale e salariale che esisteva negli Stati Uniti, dove poteva accadere che uomini estremamente ricchi camminassero al fianco di donne costrette a vendere il proprio corpo per sopravvivere. Secondo i dati riportati da Screen Rant, la lavorazione di questo tipo di film era così avanzata che addirittura Al Pacino e Michelle Pfeiffer avevano fatto delle audizioni per accaparrarsi il ruolo dei protagonisti. E, qualora le cose fossero andate in porto, Pretty Woman sarebbe stato un film ben diverso da quello che conosciamo oggi. In un'intervista riportata da Usa Today, Julia Roberts parlò di quella versione di Pretty Woman come di un "film autoriale oscuro e crudo". Soprattutto, l'attrice parlò del fatto che la prima versione del film aveva un finale altrettanto tenebroso, pesante, che non prevedeva affatto un lieto fine. La prima sceneggiatura, infatti, prevedeva che il personaggio di Vivian venisse lanciata fuori da una vettura in movimento, buttata sul selciato come se fosse un essere umano di poco valore. L'umiliazione veniva poi completata con l'uomo che l'aveva abbandonata che le lanciava addosso una mazzetta di soldi, salvo poi andarsene per lasciare Vivian in un vicolo sporco e umido e solo qualche dollaro come pagamento per i suoi "servizi". La storia d'amore tra l'Edward e la Vivian originale non era previsto. Anzi. Si concludeva nel peggiore dei modi. Tutto cambiò però quando nel progetto entrò la Disney e la produttrice esecutiva Ziskin si batté per un altro tipo di lungometraggio e di finale, spiegando che "non volevo realizzare un film il cui unico messaggio era che un ragazzo carino sarebbe arrivato, ti avrebbe dato bei vestiti e un mucchio di soldi per farti felici. Alla fine, anche lei salva lui.

" Ed è proprio in questa salvezza vicendevole, che appiana le differenze e accetta i limiti, che Pretty Woman ha trovato la sua anima e la sua chiave per arrivare al successo, anche perché tutta la produzione era consapevole del fatto che i fan di Richard Gere non avrebbero mai accettato di vedere il loro eroe nei panni di un uomo senza scrupoli che "sfrutta" una donna per tutto il film salvo poi abbandonarla al suo destino.

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