Sei fratelli, il nuovo film diretto da Simone Godano e da lui scritto insieme a Luca Infascelli, è un dramedy con al centro una famiglia disfunzionale e molto allargata.
L’opera, non sempre coesa ma coerente, regala il sentimento della vita reale: attraverso l’interazione di persone diverse per età ed esperienze, va in scena una sinfonia jazz sul concetto di famiglia, inteso come nucleo primario della società e come microcosmo unico ma allo stesso tempo universale.
I congiunti del titolo sono quelli che si ritrovano di fronte a un notaio a leggere le ultime volontà del comune padre (Gioele Dix), un patriarca ingombrante in vita e in morte che, dopo un’uscita di scena che ricorda quella di Mario Monicelli, fa da voce narrante.
In realtà i fratelli in origine sarebbero cinque, sparsi tra l’Italia e la Francia e avuti da tre madri diverse, ma si presenta anche una ragazza, Luisa (Valentina Bellè), figlia di un’amante di cui nessuno sapeva. I sei scoprono che l’eredità consiste in un allevamento di ostriche sommerso dai debiti e devono decidere cosa fare, ragion per cui si troveranno una settimana bloccati in Francia a condividere la stessa casa. Saranno costretti a confrontarsi, ognuno con idee e ragioni diverse. L’inevitabile cortocircuito tra tante personalità sarà occasione di chiarimenti epocali ma anche di preziosa autoanalisi individuale.
I personaggi sono cesellati e variopinti: sono esseri umani dotati di illusioni e demoni, nonché di etichette difficili da svestire. Il ventaglio è estremamente ampio. C’è Guido (Adriano Giannini),il buono della situazione, che ha divorziato ma non si riesce a lasciarsi il passato alle spalle; c’è Marco (Riccardo Scamarcio), presentatore televisivo insoddisfatto e in crisi con la moglie Giorgia (Linda Caridi); poi Leo (Gabriel Montesi), impulsivo e viscerale, che da anni non parla più proprio con Giorgia e Marco. Infine i due fratelli francesi: Gaelle (Claire Romain) che fugge ogni volta all’ultimo istante di fronte al matrimonio e il giovane e disadattato Mattia (Mati Galey), innamorato della vicina di casa. Il film è uno sguardo prolungato su una vicinanza per loro inusitata e in cui esplodono tensioni decennali.
Scene di gruppo si alternano a confronti a coppie in un racconto in cui è presente anche un po’ d’umorismo che scorre sottotraccia e affiora solo in punti strategici.
Tra qualche eccesso didascalico e altrettanti momenti di stasi, il ritmo è forse il punto debole di un film in ogni caso godibile per l’autenticità. Simone Godano, già regista di "Marilyn ha gli occhi neri", in “Sei fratelli” sposa i toni dolceamari della grande commedia all’italiana al garbo e alla sobria eleganza formale delle commedie d’oltralpe.
Insomma, nonostante le differenze territoriali e sociali, questi individui irrequieti, volubili e poco avvezzi al compromesso, piegati da scelte sbagliate e guerre sotterranee, hanno poco a che spartire con la coralità sopra le righe alla Muccino.
Esistono parentesi di serena fratellanza e autentica comunione che appianano il chiasso dannoso di anni interi e cancellano silenzi colpevoli, questo ci dice “Sei fratelli”.
Dietro l’angolo, nel finale, uno scorcio liberatorio in cui scorre amore senza compromessi di sorta, anche se non promette di durare più di un istante magico perché è alla vita che vuol assomigliare, non al cinema, ed è a quella che regala senso.
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