Il Cittadella: «Noi in serie A? Perché no...»

Cittadella, poco più di un puntino sulla carta geografica in provincia di Padova, 31 chilometri a nord del capoluogo, quasi all'incrocio con le province di Vicenza e Treviso è il nuovo riferimento calcistico del Nord-est che sta tradendo le vecchie tradizioni, in fase di globale recessione. In serie A l'Udinese lotta per sopravvivere, in serie B il Padova e la Triestina sono sull'orlo della retrocessione e il Vicenza non sta molto meglio. La società più piccola e fino a ieri meno conosciuta è la nuova realtà nel mondo professionistico del pallone, in piena zona play-off lotta per la promozione nell'élite. Stupisce sul campo e con la classifica, sogna, ma è anche d'esempio in un panorama societario in cui il rosso dei bilanci predomina ovunque.
Creata nel 1200 quando Padova costruì le fortificazioni per fermare le invasioni dal nord con una muraglia circolare e 32 torri, Cittadella conta ventimila abitanti ed è un’aggregazione dove tutti lavorano, fatta di gente andata in Svizzera, Belgio, Germania e poi tornata a casa per mettere su aziende artigianali. A Cittadella non c'è disoccupazione, è un piccolo paradiso, dove tutto gravita attorno alla siderurgica Gabrielli. Parlare di calcio qui è dire Gabrielli, questa famiglia che dal 1973, quando nacque dalla fusione fra Cittadellese e Olimpia, guida la società di maglia granata, prima con papà Angelo e ora con il figlio Andrea che ne segue l'impostazione gestionale: ovvero, oculatezza negli investimenti e niente sperperi.
Alla fine degli anni Ottanta la promozione in serie C2, nel 1996-97 il salto in C1, l'approdo sorprendente in serie B nel 2002-03. Il Cittadella non aveva lo stadio, giocava a Treviso o a Padova le partite casalinghe, due campionati difficili e il ritorno in C1. Angelo Gabrielli credeva in questa sua squadra-figlia, che con il pallone faceva anche conoscere l'industriosa città delle torri e per questo continuò a costruirla sempre con l'occhio vigile sui bilanci, affidandone la guida tecnica al trevigiano Claudio Foscarini. Nel 2007-08 la seconda promozione in serie B e la salvezza raggiunta nelle ultime giornate. Però dava fastidio il fatto di dover giocare in casa d'altri e con il contributo fattivo del sindaco Massimo Bitorci, oggi deputato leghista a Montecitorio, ecco nascere l'idea di farsi lo stadio. In tre mesi l'acquisto del terreno diventa realtà, piccolo e grazioso, su misura, 7.500 posti per un Comune di 20mila abitanti. Dedicato a Pier Cesare Tombolato, giovane portiere del Cittadella deceduto in seguito a un incidente di gioco. «Tre mesi per lo stadio, in ugual tempo, a Padova - se ne vantano i cittadellesi tramite il portavoce Annibale Bertolio, storico tifoso granata -, non sono stati capaci nemmeno di sistemare i tornelli agli ingressi dell'“Euganeo” e per allestire la squadra hanno speso il triplo del Cittadella, con il rischio della retrocessione».
Quanto al club, come detto, bilanci oculati, visto che l’esborso della famiglia Gabrielli non varca mai limiti logici. Stipendi rapportati, dicono, a mira d’uomo, cioè del valore, mercato quasi attivo con le cessioni di Iori (Chievo), Bonvissuto (Crotone), Meggiorini (Bari) e gli arrivi di Ardemagni, Bellazzini, Dalla Bona, Pettinari, Pisani, Villanova. Una squadra che esalta i tifosi grazie ai gol dei 23enni Matteo Ardemagni e Tommaso Bellazzini, l'uno di scuola milanista (con esperienze alla Triestina) e l'altro della Fiorentina (pescato nel Perugia in C), e grazie ai colpi e le intuizioni del dg Stefano Marchetti e le parate del quarantunenne Andrea Pierobon, la regia difensiva del capitano Nicolò Cherubini e quella di Antimo Iunco, ex Chievo, il più esperto della giovane brigata. E poi un piccolo e significativo primato: 1.718 abbonati e una media-gara di oltre 4mila spettatori, più che in stadi di città ben più popolate.
La squadra di Foscarini è entrata nella zona play-off con un entusiasmante girone di ritorno, coinciso con la promozione di Bellazzini al posto di Curiali al fianco di Ardemagni (a volte però si gioca con il tridente offensivo). Sono 11 le partite utili consecutive, 27 punti per 8 vittorie (fra cui il 5-1 al Lecce a casa sua) e 3 pareggi, 20 gol segnati e 6 subiti. Segnare un gol più dell'avversario, si gioca anche per divertirsi, la semplice ma redditizia filosofia del tecnico.
Realtà e sogni.

Il Cittadella in serie A? «Mollare adesso, risponde Foscarini, sarebbe vanificare il bellissimo campionato. La squadra era stata rinforzata per garantire una salvezza più tranquilla, ci troviamo nella volata finale, perché non provarci? Per il futuro si vedrà». Il Cittadella la sua storia l'ha già scritta.

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