Nicola Fiasconaro, alla guida, con i fratelli Fausto e Martino, dell’azienda fondata nel 1953 dal padre Mario a Castelbuono, è senza dubbio uno dei migliori Maestri Pasticcieri italiani. La sua intuizione di reinterpretare la ricetta del classico panettone milanese con i migliori ingredienti della tradizione mediterranea è stata un tale successo, che oggi una speciale linea di panettoni Fiasconaro porta la firma di Dolce&Gabbana. L'ultimo riconoscimento, quello come "Eccellenza della gastronomia siciliana nel mondo", lo ha ricevuto in occasione del Premio letterario internazionale "Giuseppe Tomasi di Lampedusa” a Santa Margherita di Belìce, dove ha presentato una personale rivisitazione del "Trionfo di gola", aristocratico dolce de Il Gattopardo. A dicembre lo attende New York, dove realizzerà una copia in cioccolato del Charging Bull, il toro di bronzo del grande artista Arturo Di Modica che si trova a Wall Street, proprio davanti alla Borsa, la seconda opera più fotografata nella Grande Mela dopo Lady Liberty.
Cavaliere del lavoro e ambasciatore dell’alta pasticceria Made in Sicily nel mondo, Fiasconaro sostiene in prima persona le nostre eccellenze enogastronomiche, mentre l’azienda reinveste più del 45% del fatturato (30 milioni di euro) sul territorio, contribuendo allo sviluppo di altre aziende siciliane del settore. Proprio da qui partiamo per la nostra conversazione con lui sul suo rapporto con l’economia.
Voi investite nel rilancio delle attività locali: una scelta coraggiosa.
“Vede, l’azienda va bene, io e i miei fratelli, nonché soci, Fausto e Martino, abbiamo dei figli, alcuni dei quali hanno scelto di restare nel solco dell’attività di famiglia. Si realizzano cose belle, si raggiungono risultati importanti, c’è l’orgoglio di presentarsi al mondo come siciliani. La Sicilia è terra di mille contraddizioni, ma è anche la patria di Pirandello, de Il Gattopardo, presenta aspetti positivi e negativi. Però ti viene sempre voglia di scommettere, di reagire, per contribuire a farla riemergere e restituirla ai suoi antichi splendori. È questo il motivo della nostra scelta di reinvestire sul territorio. Le dico solo che, nonostante la nostra terra fornisca materie prime ottime, dai pistacchi agli agrumi, in regione non c’è nessuno in grado di eseguire la canditura. Noi vogliamo che questo cambi”.
Quando è arrivato il successo?
“Già vent’anni fa arrivavano studenti da varie università per capire 'il marketing della Fiasconaro', ma io non so neanche cosa voglia dire marketing. Però all’epoca già esportavamo negli USA, penetravamo a Milano, queste cose non le abbiamo mai studiate a tavolino. Certo, negli ultimi quattro o cinque anni le cose sono cambiate, perché quando raggiungi un certo volume d’affari diventa necessario, ma tutto quello che è avvenuto fino a qualche anno fa era intuito, istinto, forse anche incoscienza. Pensi che in Francia, nelle boulangerie, in autunno o per Pasqua, trova i prodotti Fiasconaro ovunque e, mi creda, quando un prodotto italiano è di qualità, i francesi ne sanno riconoscere il valore”.
Lei ha cominciato sin da piccolo Si ricorda cosa fece con i primi guadagni, la prima soddisfazione che si è tolto?
“Sì, una cena di crostacei che gustai con la mia fidanzatina di allora a Cefalù, avevo 16 anni, lo ricordo ancora”.
Da professionista come ha impiegato i primi guadagni importanti?
“Devo dire che sono pochi anni che l’azienda Fiasconaro riesce a generare, nel suo piccolo, dei margini personali di guadagno, per poter fare anche investimenti propri. Vivo in campagna, in una proprietà di 5 ettari, ho la passione per la botanica, non è un caso che fra i tanti riconoscimenti attribuitimi, quello che considero il più prestigioso è la nomina come membro dell’Accademia dei Georgofili. Da qualche anno sto realizzando un orto botanico, già all’attenzione della comunità scientifica, studenti di varie facoltà, non soltanto siciliane, stanno conducendo ricerche sugli alberi da frutto, sulle vigne: abbiamo rimesso a coltura 73 specie autoctone di viti che non lo erano più, dedicando 2 ettari e mezzo di terreno a queste ricerche. Sto investendo capitali miei personali in questa attività, per donarla al mondo scientifico e mi sta dando grandi soddisfazioni”.
Quindi possiamo dire in termini economici che lei stia investendo in ricerca.
“Sì, lo sto facendo a titolo personale, anche se poi, indirettamente, la Fiasconaro c’entra sempre: ho impiantato anche un roseto, la fragranza della rosa damascena utilizzata per il famoso panettone rosa con fragolina e ciliegia di Sicilia Fiasconaro, la produco in questa tenuta, realizzando qui l’olio essenziale. Una ‘magia’ che riguarda l’azienda, ma che è tutta mia”.
C’è qualcuno in famiglia con il bernoccolo degli affari, che si interessi particolarmente di finanza, di economia?
“Mio fratello Fausto si occupa del negozio di piazza Margherita a Castelbuono, Martino, l’altro fratello, pur non avendo studiato, come me, dialoga con uomini della finanza, ma anche con luminari e accademici. Nonostante non abbiamo nozioni di economia, riusciamo anche a risparmiare, acquistare ed investire quando è il momento. E poi c’è mia figlia Agata, che ha 34 anni, ha compiuto studi di economia aziendale (conseguendo la Laurea triennale in Scienze dell'Economia e della Gestione Aziendale con 110 e lode ndr), che prosegue, e allo stesso tempo opera già in azienda, nel settore amministrazione. Inoltre è lei a curare da sei anni personalmente la partnership ufficiale con Dolce&Gabbana”.
E lei?
“Potrei dire che sono ‘allergico’, non partecipo alle riunioni, non accendo mai un computer. Certo, una sbirciatina ai quotidiani finanziari, o alla pagina di economia di un Tg ogni tanto la dò, più che altro per tenermi aggiornato. Non dico che mi appassioni, ma per dovere lo faccio anch’io”.
Pensa che la vostra azienda possa essere in futuro quotata in Borsa?
“Nella vita tutto può accadere. Io me lo auguro. Del resto, chi lo avrebbe detto che Fiasconaro avrebbe trionfato a Milano, per giunta con un panettone? Io ci credo, lo sogno pure. Ho due figli che mi amano e mi seguono, Agata e Mario, ed a loro dedico il premio per Il Gattopardo: loro ci credono e vogliono continuare, portando avanti l’eredità del nonno, Mario Fiasconaro”.
Se le chiedo che cosa pensa dei Bitcoin, o degli Nft?
“Non saprei cosa dirle. Io personalmente sono un naïf, un emotivo, uno che, dicono, intuisce, prevede. Viaggio per orbite più ‘utopistiche’ ”.
In che senso?
“Mi piacerebbe che la Sicilia e l’Italia ritrovino quel grado di civiltà che le ha rese grandi nella storia e nel mondo. Anche nel nostro settore, quello del food e delle eccellenze enogastronomiche”.
Come interpreta il detto “il tempo è denaro, ma il denaro non compra il tempo”?
“Posso dirle che nella mia vita alterno periodi intensi, in cui seguo la produzione in vista del Natale o di Pasqua, ad altri in cui mi concedo un po’ di oblio, rimango solo con me stesso, per poi ‘riemergere’ ”.
Si torna un po’ al concetto di otium produttivo dei latini
“Il tempo è sempre prezioso. A volte, anche se sembra che non si sia operativi, serve per riflettere, per pensare, per creare”.
Nel rapporto con i soldi si sente più cicala o formica?
“Non saprei. Dicono che io sia una ‘macchina da soldi’, ma io il denaro neanche lo guardo, mi fa impressione. La carta di credito ‘non mi fa simpatia’, mi crede?”
Quindi con i soldi che rapporto ha?
“I soldi non bisogna snobbarli. Sono un giusto valore per chi lavora con impegno, fatica e passione e li guadagna con merito. Io non ho un rapporto personale particolare col denaro, non lo sogno al notte, non ne ho la frenesia, ma lo rispetto”.
Tornando agli investimenti, in passato ne ha fatto qualcuno di cui si è pentito?
“Direi di no. Non abbiamo capannoni in disuso, o tecnologie inutilizzate. Nel 2000 nasce il primo laboratorio della Fiasconaro. Da allora abbiamo fatto tutto da soli: tutto quello che ha realizzato la Fiasconaro in Sicilia e nel mondo, è stato realizzato da tre persone, tre soci, Martino, Fausto e Nicola Fiasconaro. Camminiamo da soli e siamo autonomi, pur lavorando a fianco delle istituzioni, nel promuovere il Made in Italy, e la Sicilia nel mondo quando ci viene chiesto. Per noi è un orgoglio e, soprattutto per quanto riguarda la Sicilia, negli ultimi anni le cose stanno decisamente migliorando”.
Lei personalmente si considera più generoso, o più parsimonioso?
“Intende 'tirato'? No, per niente. Per farle un esempio, anche nell’acquisto di una materia prima per le nostre produzioni, non tratto per abbassare le richieste del fornitore”.
Se dovesse indicare un bene rifugio, quale sarebbe per lei?
“Le faccio una piccola confessione: ora che, a sessant’anni, so che i miei figli porteranno avanti l’eredità di famiglia, voglio dedicarmi all’arte, come per il toro di Wall Street, alla cultura. Cercherò di fare emozionare le persone non soltanto col cibo o con le mie creazioni dolciarie. Da qualche tempo sento questo desiderio, questa voglia di fare altro.
Ecco: mi piacerebbe avere uno piccolo spazio tutto mio a Manhattan, proprio lì, a 100 metri da Wall Street, a poca distanza dal mitico toro dell’amico Arturo: è un mio sogno, un investimento che prima o poi vorrei fare. Più che un bene rifugio, un “rifugio” vero e proprio, dove passare del tempo e accogliere gli amici. Come le ho detto, non sono una persona razionale: quindi, dove il cuore mi porta, io vado”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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