Il commissario nudista attento agli affari di casa

INTERESSI Al membro di Bruxelles stanno a cuore soprattutto quelli dell’industria tedesca

Roma«Un bravo... tedesco». Te lo dipingono così in due parole a Berlaymont, il palazzo di governo della Ue, Guenter Verheugen, il 65enne (li compie martedì prossimo) vicepresidente di Barroso, commissario all’Impresa e all’Industria. La competenza, insomma, non gli mancherebbe. Ma a quanto pare assai subordinata alla nazionalità. In molti ricordano del resto come si dette da fare nel corso della lunga approvazione della direttiva Reach sulla chimica europea (Registration, evaluation, authorisation of chemical) a difesa dei colossi teutonici del settore. Altrettanti testimoniano della cura con cui ha maneggiato le problematiche dell’acciaio renano, a lui forse ancor più caro visto che proprio in Renania-Palatinato - più precisamente in un paesino che si chiama Bad Kreuznach - ha visto la luce nel 1944. E ancora in parecchi ricordano di aver fiutato proprio l’ombra del suo Paese e del suo governo dietro le manovre che reclamavano la riduzione del CO2 da parte dell’industria dell’auto e che - guarda caso - finivano per favorire il triangolo Stoccarda (Mercedes), Monaco (Bwm e Audi), Wolsfburg (Volkswagen) contro le utilitarie prodotte da francesi e italiani. E contro le velleità di diminuire ancora la produzione di anidride carbonica di cui si faceva invece portavoce il commissario all’ambiente, il greco Dimas.
Nulla di male, si capisce. Ogni commissario, in fondo, ha a cuore il Paese che gli ha permesso di insediarsi negli uffici brussellesi. Ma certo oggi fa un po’ impressione il suo allarme sulla Fiat dopo che lo scorso novembre aveva difeso a spada tratta la richiesta della Opel di un contributo governativo da Berlino di 1,8 miliardi di euro perché a suo dire «non si tratta di sovvenzione, ma di tutela, dato che la crisi deriva dalla casa madre americana, e cioè dalla General Motors». Il fatto è che la Gm sono mesi che cerca di vendere l’Opel, ma non trova neanche uno straccio di acquirente. Nemmeno quella Fiat cui pure si sarebbe cercato di sbolognarla per veder risolto un problema che alla Merkel sta molto a cuore, specie in questo 2009 che vedrà la Germania alle urne a fine estate. Quello dell’auto del resto è settore tedesco quasi per antonomasia in Europa. Sono decine e decine di migliaia i lavoratori del settore che aumentano a dismisura se si tien conto dell’indotto. Si può rimanere in silenzio se il mondo cerca di muoversi e tu hai le banchine di Brema zeppe di veicoli invenduti? Né la cosa riguarda solo la Merkel, del resto. Non è stato forse Schroeder - il pigmalione di Verheugen - consigliere d’amministrazione della Volkswagen prima di fare i cancelliere e ora il lobbista di Gazprom?
E pensare che proprio Verheugen sembrava aver fatto pace da poco con Sergio Marchionne, dopo gli scontri che quest’ultimo aveva avuto col commissario nel suo ruolo di presidente pro-tempore dell’Acea (associazione europea dei costruttori d’auto). Proprio a fine del gennaio scorso, il commissario era stato ricevuto al Lingotto con tutti gli onori ed era stato portato a fare un giretto su tutti i nuovi modelli super-ecologici della casa torinese. Pareva fosse soddisfatto in tutto e per tutto. E magari lo era, visto che aveva colto l’occasione per dirsi convinto della necessità d’aiuti «tanto nazionali che europei a sostegno di un settore cruciale». Ora fa lo scettico sul futuro della Fiat e soprattutto dell’intesa a costo zero con la Chrysler dopo aver tuonato contro l’ipotesi del possibile protezionismo Usa sull’auto.
Non è la prima volta che gli succede di andare al di là delle righe. Era stato da poco voluto commissario (all’allargamento) dal cancelliere Schroeder che s’inimicò mezza burocrazia Ue sostenendo che «i funzionari erano impossibili da dirigere» e che purtroppo non c’era manco «la possibilità di licenziarli». Anche se le difficoltà maggiori, questo laureato in scienze politiche a Colonia, transfuga dai liberali ai socialisti tedeschi nell’83 (del Spd è stato anche capogruppo al Bundestag) le ha dovuto fronteggiare a fine 2006, quando si scoprì che aveva autorizzato la promozione a capo di gabinetto con relativo aumento (da 8mila a quasi 12mila euro mensili) di una sua «vecchia amica», la 48enne Petra Erlen. Ci furono polemiche sui giornali e interrogazioni all’Europarlamento. «Tutto in regola» giurava lui. Barroso gli credette. Peccato che poco tempo dopo, su alcuni settimanali del suo paese uscirono foto in cui Guenter e la vecchia amica nata e cresciuta nella Ddr si tenevano mano per la mano o posavano fianco a fianco in una spiaggia per nudisti.
Niente di male anche qui, certo.

Ma per un caso analogo - quella del commissario francese Edith Cresson che fece assumere nel suo gabinetto il proprio dentista - la commissione Delors colò a picco. Mentre con Verheugen si è preferito invece fare finta di nulla.

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