Il Comune svende le luminarie ma il bilancio è solo una scusa

SOLDI LAICI Le feste di Palazzo Marino. All’asta per 15 euro l’una le luci di Natale costate 700mila euro alla Moratti Non c’entrano i conti: è la fissazione di cancellare le tracce dei predecessori

L’assessore Pierfrancesco Maran sulle luminarie ha le idee chiarissime. «Bisogna vendere quelle della vecchia giunta che stanno in un magazzino - ha spiegato a Repubblica - perché sono un costo che va abbattuto». E in tempi di crisi come si fa a dargli torto? Quindi via all’asta. Chi è interessato con 30mila euro si porta a casa tutto ed è un affarone perché luci Liberty, tende luminose e stelloni che avevano griffato il Natale dell’ex assessore Maurizio Cadeo erano costate almeno venti volte tanto. Ma ora il vento è cambiato. E quindi si dà un bel taglio netto col passato perché il Natale si festeggia e si illumina con uno stile più sobrio e più rispettoso delle esigenze delle casse comunali che, si sa, languono.
É sul dopo che la strategia di Maran lascia un po’ inquieti. «Nei prossimi mesi- annuncia a Repubblica - valuteremo con le associazioni dei commercianti se acquistare nuove luminarie o se integrare le loro...». Valuterà se acquistare o se integrare? Ma come, allora il Comune mette all’asta le vecchie luminarie per poi comprarne di nuove? E non poteva tenersi quelle che aveva visto che non si naviga nell’oro.
Ma non si deve sempre pensar male. Cercando una logica c’è la possibilità che le vecchie luci Liberty che negli anni passati avevano illuminato Castello, Triennale e centro e poi le periferie fossero così conciate, sfruttate e antieconomiche da giustificarne la messa all’asta. Può essere. Anzi senz’altro sarà così.
Resta il fatto che il vento e lo stile sono cambiati e giunta ed assessori ci tengono a sottolinearlo ad ogni piè sospinto con un po’ d’orgoglio e un po’ di esibizione. Tanto che molte delle scelte spesso più che ad una logica della ragione sembrano pagare dazio alla logica dell’ideologia e della politica. E ci sta, funzionava così anche prima e così sarà. Però sarebbe molto più facile per tutti capire il perché Milano abbia da poco messo in bacheca uno dei Natali più «spenti» che si ricordi. Pochissime luci, niente luminarie, niente fuochi d’artificio. Rinunce fatte in nome della crisi, del bilancio e dei conti che non tornano a nessuno e neppure a Palazzo Marino. Ma fatte forse anche per una scelta che ha i suoi presupposti in una cultura laica che sul Natale non è interessata a investire più di tanto. Altrimenti non si capirebbe perché, se il Comune non trova un euro per accendere le luminarie durante le Festività, poi però riesca a recuperarne quasi per magia 300mila per «santificare» il carnevale Ambrosiano. Per le maschere Palazzo Marino pensa in grande, a una grande festa metropolitana che servirà a «riappropriarsi» della città. Un caleidoscopio di eventi diffusi con artisti e feste di strada.

«Ci sarà un Carnevale diverso per ogni Zona, in collaborazione con le comunità di tutto il mondo presenti sul territorio, e in ogni quartiere ci saranno feste a tema - anticipa l’assessore Chiara Bisconti - Organizzeremo eventi e il sabato grasso da ogni Zona partiranno dei cortei festosi e colorati che convergeranno in centro, dove si terrà una grande festa finale e collettiva. Sarà una Carnevale vivo». Ben fatto, ci mancherebbe. Ognuno. Ogni giunta è libera di scegliere e decidere secondo le proprie convinzioni culturali e politiche. Basta dirlo.

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