Conservatore, anarchico, italiano. Montanelli resta il migliore di noi

"Loro" continuano a credere di essere superiori, nonostante i fallimenti storici e nonostante "lui" li avesse smascherati...

Conservatore, anarchico, italiano. Montanelli resta il migliore di noi

Vent'anni dopo, Indro Montanelli resta ancora e sempre uno di noi, con buona pace di quelli che un tempo e per un momento fecero carte false perché lo si potesse definire uno dei loro La storia è nota e non staremo a tornarci su, eppure è sintomatica per cercare di capire la schizofrenia di un Paese quale l'Italia, dove l'egemonia culturale ha sempre marciato a sinistra fino a che il Muro di Berlino non le è crollato sulla testa Da allora essa vive di ricordi, qualche volta di abiure, quasi sempre di rimozioni, e però è come tarantolata dall'idea di non essere all'avanguardia del progresso prossimo venturo, nel nome di una rivoluzione altrettanto prossima ventura, di cui naturalmente non si sa nulla, se non che sarà salvifica. Per lei conservatore è un insulto, sinonimo più o meno di fascista, e Montanelli resta ancora e sempre il principe dei conservatori e quindi dei fascisti. Essendo stato anche per oltre mezzo secolo il principe del giornalismo italiano, l'egemonia culturale di cui sopra preferisce sorvolare

Volete un piccolo esempio? Qualche mese fa Gian Antonio Stella, che sul Montanelli ecologista ante litteram sta scrivendo un libro, mi chiese come mai sul tema la cultura ufficiale, ovvero sempre l'egemonia culturale di sinistra di cui sopra, abbia fatto tabula rasa, come se da Firenze a Venezia le prese di posizione montanelliane non siano lì nero su bianco, scritte e orali Una risposta migliore della mia gliela può dare ora L'ultimo della classe (Rizzoli), l'autobiografia di Andrea Carandini, archeologo illustre, presidente del Fai, e dove il nome di Montanelli non compare mai. Della cosiddetta classe dei colti orientata a sinistra, Carandini è un esemplare illustre: classe 1937, è il perfetto rappresentante di quella borghesia illuminata, sacri lombi, buone scuole, agiatezza di censo, che dagli anni Sessanta in poi sterzò verbosamente e non solo a sinistra, si iscrisse al Pci, fu contestatrice e maoista, vituperò e distrusse la classe sociale da cui proveniva e ora, superati gli ottant'anni, piange amaramente sul latte versato e vede i barbari all'orizzonte. Peccato che i barbari fossero loro

Montanelli fondò il Giornale proprio per difendere quella borghesia che i borghesi alla Carandini volevano distruggere. Nel difenderla difese anche una certa idea dell'Italia per come dall'Unità in avanti era venuta delineandosi. Un'Italia fragile, frutto di compromessi non sempre esemplari, e però verace, vogliosa d fare, ricca di potenzialità, ansiosa di ripartire. Nel loro snobismo e strabismo demagogico-ideologico i liberal-borghesi in salsa Carandini liquidarono quella che per loro era la media e piccola borghesia restia al sole dell'avvenire proletario, come «italiani alle vongole»: non avevano nerbo insomma, né ideali di palingenesi Il problema è che, anche qui, i vongolari erano loro, sensibili a ogni seduzione, statalisti nemici dell'imprenditoria privata, Bel Ami del giornalismo che si impancavano a maestrini della morale pubblica

Saremo anche un Paese senza memoria, ma quei singoli che ancora la conservano ricordano in quale clima ideologico nacque l'avventura del Giornale, dopo la cacciata del suo fondatore dal Corriere della sera, trasformato in gazzetta sudamericana, i salotti della Milano bene che brindarono alla sua gambizzazione da parte delle Bierre, il Corsera stesso che ne relegò il ferimento in una riga di sommario, lo sterminato proliferare editorial-politico di terzomondismo, teologia della liberazione, paradisi socialisti, piani quinquennali, internazionalismo e, in sovrappiù, borghesi, carogne e fascisti uniti nell'identico significato e nel medesimo ludibrio

A vent'anni dalla morte di Montanelli, purtroppo non è cambiato niente nonostante sia cambiato tutto.

Resta quell'Italia dei loro, fallimentare nei risultati e però egemone per cooptazione, per abitudine al potere, per il cinismo disinvolto con cui fa il mea culpa e poi procede di nuovo a crogiolarsi nel suo sentirsi migliore, «diversa» Resta dall'altra parte quell'Italia di noi di cui Montanelli è il miglior rappresentante, anarchico per indole, conservatore per convinzioni, italiano, nonostante tutto e tutti, per scelta.

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