La coppa Italia se ne va Juve sconfitta a Torino

La Lazio batte la Juve 2 a 1 all'Olimpico. All’inizio striscioni e ancora cori contro Balotelli: interviene lo speaker. Poi la squadra affonda e la curva fischia tecnico, dirigenti e giocatori

La coppa Italia se ne va 
Juve sconfitta a Torino

nostro inviato a Torino

Due gol nella saccoccia e un futuro dietro le spalle. La Juve finisce nel girone infernale. La sua difesa più colabrodo che mai ha deciso anche questa storia. Ora c’è da attendersi il peggio. Non solo per Ranieri e per tutta la compagnia sotterrata da fischi e inviti ad andarsene. Addio coppa Italia, polizia davanti agli spogliatoi. È finita così. La Juve porta bene alla Lazio. L’ultima volta, cinque anni fa, venne sconfitta in finale. Stavolta la squadra di Delio Rossi ha giocato come fosse un toreador. Drappo rosso e quelli a sbuffare e scornare. E la Lazio a segnare gol: due e potevano essere tre.
Troppe tensioni dentro e fuori degli spogliatoi. Pubblico con la voglia di far male nel solito modo: offese e insulti. Balotelli è diventato un figlio di... L’altoparlante ha cercato di alzare al massimo il volume per coprire le trivialità e gli insulti contro l’Inter. Lo speaker dello stadio ha invitato ad evitare insulti razziali contro avversari e istituzioni e qualcuno si è domandato se l’Inter fosse un’istituzione? Vabbè comunque la Juve-società ha imparato la lezione e provato a metter riparo. Ma, povera lei, il peggio è stato quando gli ultras hanno cambiato obiettivo: preso il primo gol dalla Lazio, eppoi il secondo, è partita la contestazione contro Ranieri, la dirigenza, i mercenari (Cannavaro) e Balotelli è finito in archivio.
La botta è stata troppo forte e devastante, anche se fin dall’inizio si è intuito che la Juve e la sua gente avrebbero sofferto. Squadra ribaltata da Ranieri, quasi a mettere firma e risposta a tutte le voci che lo vogliono in panchina per caso. O forse scelta spinta dalle mediocrità viste contro l’Inter. In panchina Del Piero e Camoranesi, ma anche Nedved. Spazio a Trezeguet, un’altra scommessa su Giovinco, in campo una delle Juventus forse meno costose del nuovo corso, facendo il conto tra giovani del vivaio e parametri zero (Grygera, Mellberg, Marchionni): sette giocatori in tutto. Niente male. Salvo vederne la resa in campo: da far cadere le braccia.
Doveva essere la Juve a fare la partita. Invece la palla è stata più spesso tra i piedi della Lazio. Giovinco è durato solo un tempo, troppo ninnolo e troppo poco formica atomica. La Lazio ha capito subito i limiti bianconeri, ha lavorato bene a centrocampo, ha concesso poco agli attaccanti bianconeri. Trezeguet è riuscito a calciare la prima palla in porta dopo 30 minuti. Prima sua, ma prima anche della Juve. Nessuno ha cavato un colpo da squadra di rango, mentre la Lazio ha visto subito nel piede di Zarate una sorta di apriscatole. Ed infatti, dopo qualche cannonata d’avvertimento, il Kid pistolero ha fatto partire un gioiello di pallone dal limite d’area. Lo stadio ha capito che era destinato al gol, fors’anche Buffon. Ma, chissà, al portierone è mancata un po’ di esplosività nelle gambe e la palla è arrivata dove le braccia si sono protese invano.
È stato l’inizio della fine. Ranieri ha cambiato la squadra nella ripresa: dentro i veterani. Ma il piedone di Kolarov, accompagnato da quello di Grygera, ha aperto la crisi che porterà lontano.

Del Piero ha messo un pizzico della classe per cavare il gol che rendesse meno umiliante la sconfitta. Camoranesi non ha nemmeno finito la ripresa, espulso per nervi e aperta rottura con Ranieri. Lazio in finale. Juve a pezzi.

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