Coppie gay, minacce di dimissioni: «Furbata del Pd»

Maria Sorbi

Ci sono parecchi nodi da sciogliere nei bilanci dell’Asl. Punto numero uno: come mai per anni sono stati concessi soldi pubblici per le visite intra moenia a due istituti privati (San Raffaele e Monzino) senza che ne avessero diritto? Punto numero due: che fine hanno fatto i conti giudiziali, cioè la relazione di entrate ed uscite che l’azienda sanitaria è tenuta a presentare ogni anno? A chiedere chiarezza è la stessa Corte dei conti. «La situazione è del tutto singolare» scrive il presidente Claudio Galtieri nella relazione presentata in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Risulta infatti che l’Asl non presenti i conti da moltissimi anni, «omettendo un adempimento che la Corte costituzionale e la Corte di Cassazione ritengono fondamentale nel quadro delle garanzie che debbono presiedere alla gestione delle risorse finanziarie pubbliche».
In sostanza, non si hanno notizie di quanto denaro è entrato nelle casse di corso Italia e di quanto ne è stato speso. Magari si tratta semplicemente di una «svista burocratica». Fatto sta che da tempo la relazione non viene consegnata agli organi di controllo. Quelle carte invece, spiega Galtieri, «servono per il sistema di controllo non solo dell’entità ma anche del meccanismo di spesa». I conti giudiziali sono un adempimento diverso dal bilancio, che annualmente le Asl presentano alla Regione. In totale trasparenza. Ma, oltre alle Asl, pare che siano numerosi gli enti locali che non hanno rispettato l’impegno.
Per questo, conclude il presidente della Corte dei conti, «abbiamo già avviato dei solleciti amministrativi». Tuttavia negli uffici Asl i contabili sostengono di non aver ricevuto alcun richiamo da parte dei giudici. Né ora né in passato. Gli amministrativi sono comunque al lavoro per capire da cosa sia nato l’errore.
C’è un altra matassa, ben più ingarbugliata, da dipanare: quella dei 30 milioni concessi (per errore) dal 2000 al 2008 al San Raffaele e all’istituto cardiologico Monzino per le attività intra moenia, cioè le visite che i medici possono svolgere privatamente all’interno dell’ospedale ma al di fuori dell’orario di lavoro. Anche in quel caso qualcosa non ha funzionato. L’Asl si è accorta dello sbaglio troppo tardi. E quando, dopo otto anni ininterrotti di contributi, ha chiesto di riavere i finanziamenti concessi illegittimamente, si è sentita rispondere che forse doveva svegliarsi prima. Una sentenza del Tar mette nero su bianco che i due istituti privati non sono tenuti a restituire la somma ricevuta dall’Asl. In teoria la somma sarebbe a carico dei pazienti ma è un po’ tardi per far pagare chi è stato visitato dieci anni fa. Ora i legali degli uffici di corso Italia e della Regione Lombardia stanno pensando di impugnare la sentenza davanti al Consiglio di Stato e stanno studiando come riavere quel denaro (pubblico). L’unica attenuante per l’Asl è che la legge sulle regole dell’attività intra moenia è piuttosto equivoca.

Lo stesso direttore generale sanitario del Pirellone, Carlo Lucchina, sostiene che il testo «si è sempre prestato a interpretazioni diverse». Ma c’è anche da capire come mai queste «interpretazioni diverse» sono state date solo da due istituti di ricerca privati sui nove presenti in Lombardia.

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