Coronavirus, l'impiegato in banca: "Qui non siamo protetti"

Il disperato appello di un impiegato di banca: "Non mi sento protetto, bensì sono subissato da una grande mole di lavoro e un gran numero di mail per recuperare un budget a rotoli"

Coronavirus, l'impiegato in banca: "Qui non siamo protetti"

Un impiegato di banca ha reso nota, tramite una lettera scritta a FanPage, la sua difficile situazione lavorativa. L'uomo ha ammesso di avere paura e di essere disperato, in quanto non si sente tutelato sul luogo di lavoro. Il bancario lamenta una scarsa protezione per quanto riguarda la minaccia del coronavirus, soprattutto laddove si creano grandi assembramenti di persone. Il diretto interessato dichiara di lavorare presso una banca come consulente di un box di 3 metri per 3. Non ha voluto rendere noto il suo nome, in quanto ha paura di essere licenziato. Il problema reale è la totale mancanza di finestre sul luogo di lavoro, che non permette un opportuno cambio d'aria.

L'azienda, scrive l'uomo, ha creato una sorta di specchio per allodole tramite lo smart working, ma in realtà esso vale solamente per coloro che svolgono lavori amministrativi e non per i consulenti commerciali. Nonostante lui e i suoi colleghi si siano lamentati delle precarie condizioni in cui sono costretti a svolgere il loro lavoro, l'azienda si è limitata a dire: "Intensificheremo la sanificazione". In realtà, l'unica cosa che il personale avrebbe ottenuto è una serie di report quotidiani di prestiti e mutui. Gli impiegati sarebbero tormentati dai superiori, in quanto risultano essere indietro con il lavoro. A causa di ciò, sono costretti a chiamare continuamente i clienti, pregando loro di venire in agenzia.

Coronavirus, impiegato di banca costretto a lavorare in condizioni sanitarie precarie

Il bancario, nella lettera, ha parlato di un recente episodio in cui si era creato un assembramento di oltre 20 persone all'interno della stessa stanza. Un ambiente piccolo e mancante di opportuna areazione, purtroppo. L'impiegato comprende che la banca sia un bisogno primario, "ma mi chiedo fino a che punto la produzione deve superare il valore della salute? Fino a che punto paragonarci ad un medico rende utile il sacrificio?". Purtroppo quasi nessuno parla di queste problematiche e ci sono colleghi dell'uomo, a quanto dice lui, costretti a lavorare 8 ore di seguito, uscire e fare un'ora di fila per la spesa.

L'uomo scrive: "Che vita é questa? Siamo quelli che guadagnano meno di tutte le categorie eppure siamo ogni giorno a lavoro, se siamo così essenziali perché sottopagarci e non proteggerci come carne da macello?". Ogni giorno, il professionista è costretto a incontrare decine di persone che si siedono dinanzi a lui a meno di un metro di distanza.

Poi lo sfogo finale: "Non mi sento tutelato ma solo subissato di maggior lavoro e gran numero di mail per recuperare un budget a rotoli … Che fare? Attendere il primo contagio da Coronavirus di un mio collega sperando di porre finalmente rimedio?".

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