La corte del caso Mills «assolta» dai colleghi: può condannare il Cav

Milano«È esclusa la configurabilità di una indebita anticipata manifestazione di convincimento che possa dare luogo alla ricusazione». Detto in poche parole, si va avanti spediti. Cade anche l’ultimo ostacolo frapposto tra i legali di Silvio Berlusconi e una sentenza che ormai quasi certamente arriverà fuori tempo massimo. Il processo a carico dell’ex premier - accusato di aver corrotto l’avvocato inglese David Mills in cambio della sua reticenza davanti alla Procura di Milano che indagava sui presunti fondi neri di Fininvest - può così correre verso la sua conclusione. Sabato, salvo colpi di scena, l’atto finale.
Ieri, infatti, la Corte d’Appello di Milano ha respinto la richiesta degli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo di ricusare i giudici della decima sezione penale, davanti ai quali Berlusconi è imputato. Qual era la tesi della difesa? In sostanza, che il collegio avrebbe «anticipato il giudizio in tema di prescrizione» e avrebbe condotto un’istruttoria dibattimentale «a senso unico», consentendo l’audizione dei soli testimoni indicati dall’accusa, e tagliando invece quelli chiesti dalla difesa, come Livio Gironi, Flavio Briatore e Paolo Marcucci. Ma secondo la Corte d’Appello, non c’è stato alcuno «strappo». Perché il collegio presieduto dal giudice Francesca Vitale, nel ridurre il numero dei testi, si era appellato «al principio costituzionale di ragionevole durata del processo» e alla «considerazione dell’imminente decorso del termine di prescrizione del reato», ma nessun provvedimento del Tribunale - sottolinea ancora la Corte - «è stato fatto oggetto di rilievi mossi tempestivamente» dai difensori di Berlusconi. In generale, poi, «una ordinanza in tema di prove non può assumere alcun rilievo sotto il profilo di anticipata manifestazione di convincimento». All’imputato, quindi, non resta che impugnare le ordinanze indicate in successivi gradi di giudizio. Insomma, la difesa di Berlusconi potrà ricorrere alla Cassazione, anche se il processo sembra ormai morto e sepolto. Ma con la bocciatura dell’istanza di ricusazione, all’ex presidente del Consiglio è toccata anche un’altra sanzione: 1.500 euro come multa per il rigetto del ricorso, che dovranno essere versati alla Cassa delle ammende, un ente del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che si occupa di reinserimento e assistenza ai detenuti, e di progetti di edilizia penitenziaria.
«La decisione della Corte d’Appello di Milano non rappresenta una sorpresa - è il commento di Sandro Bondi, coordinatore del Popolo della libertà - ma costituisce comunque un altro colpo alla credibilità della giustizia». Gli fa eco Maurizio Gasparri, presidente dei senatori del Pdl, secondo cui «il no alla richiesta di ricusazione avanzata dai legali di Silvio Berlusconi da parte della Corte di appello di Milano si commenta da solo». «Che taluni magistrati siano prevenuti - attacca Gasparri - è sotto gli occhi di tutti. Forse sono prevenuti anche quei giudici che oggi ne avrebbero dovuto prendere atto».
Ad ogni modo, il dibattimento è ormai giunto al traguardo. Il pm Fabio De Pasquale ha concluso la sua requisitoria chiedendo 5 anni di carcere per Berlusconi.

Le difese termineranno l’arringa sabato. Dopodiché, i giudici entreranno in camera di consiglio. E molto probabilmente, quello stesso giorno arriverà la sentenza. Ultimo atto di un processo che continua ad andare avanti nonostante sia già finito.

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