Così clemente da essere dannoso

L’indulto è stato una follia. Non era mancata da parte di molti - noi inclusi - la denuncia delle gravi conseguenze che un provvedimento di quel genere, in una situazione dell’ordine pubblico quale l’italiana, avrebbe provocato. Gli avvertimenti sono stati snobbati o sprezzati con le più varie motivazioni: al fondo delle quali stava l’idea che solo animi avidi e retrivi potessero negare il loro consenso a una misura che andava incontro alle aspettative, come usa dire, degli ultimi, dei deboli, dei più vulnerabili: siano essi lavavetri arroganti e a volte minacciosi, o ladri, o teppisti, o truffatori incalliti di ingenue vecchiette, o magari perfino rapinatori e assassini. A costoro andavano la comprensione e un po’ anche la solidarietà degli spiriti nobili o almeno autocertificatisi come tali. Gli spiriti nobili che si battono contro le iniquità sociali e i privilegi, quando non siano i loro di professionisti della politica: perché in tal caso reagiscono con le unghie e con i denti. Dunque l’indulto è stato colpevolmente approvato, le carceri che scoppiavano - per forza se non ne sono state costruite a sufficienza in un Paese che ha un tasso di detenuti tutt’altro che imponente - si sono spopolate. Invece si sono ripopolate di cattivi soggetti le città e le strade della penisola, con evidenti e immediati riflessi sulle attività delinquenziali, cresciute in gran fretta. S’è trattato soltanto d’una pausa, per l’affollamento dei penitenziari: dove la clientela non manca mai, ed è in larga misura affezionata, così che presto ritorna.
A cosa è servito allora l’indulto? Non certo a normalizzare la situazione carceraria, che da tempo richiederebbe ben altre misure. Nemmeno è servito a ricondurre sulla retta via la maggioranza dei beneficiati. Il loro cuore è meno disposto alla conversione al bene di quanto fosse il cuore del victorhughiano Jean Valjean. L’indulto, suggerito anche dall’ideologia e dalla politica, non ha avuto nessunissimo effetto positivo.
Anzi, nel generare pericoli e contaminazioni, è stato più nefasto di quanto si potesse immaginare. Lo è perché produce i suoi effetti a lungo, non ci si ferma al dato - già angosciante - dei malviventi subito rimessi in condizione di operare, ma si constata che l’onda d’urto è lunga e implacabile. Alcuni temibili ceffi stanno per lasciare le loro celle grazie allo sconto di pena del quale hanno goduto. E che si è aggiunto, frequentemente, ad altri benefici e indulgenze. Ci sono criminali in attesa di uscire, ci sono criminali che sono già tornati al vecchio mestiere, ci sono reclute che possono essere indotte ad abbracciare la via della malvivenza dalla convinzione - non infondata - che in Italia non si va mai in galera troppo a lungo. Una catena di Sant’Antonio. Non vorremmo essere fraintesi, lontana da noi l’idea d’offendere un santo così importante. Il riferimento era invece ai contemporanei, troppo clementi (sia scritto senza allusioni al Guardasigilli). Presto saremo al punto di prima per le carceri che scoppiano, e peggio di prima per l’insidia della delinquenza.

Scoppiano le carceri, ma scoppia d’ira il cittadino bypassato dai politici nel deliberare l’indulto, e furibondo per le conseguenze che esso ha avuto. E dove mai è stato deliberato l’indulto? In una «cage aux folles», una gabbia di matti? Ma no, a Montecitorio e a Palazzo Madama.

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