Narra Ennio Flaiano che durante un pranzo al Quirinale Luigi Einaudi, presidente della Repubblica, chiese ai suoi commensali chi avrebbe diviso con lui una pera troppo grande. Lepisodio, più di tanti discorsi e teorie, svela la statura morale e umana del personaggio: leconomia non è solo un rapporto razionale tra fini e mezzi, ma prima di tutto un orientamento pratico della vita motivato da princìpi etici fondati sulla parsimonia, lequilibrio e il senso del limite, dunque lelevazione della persona.
Come studioso e come economista Einaudi si forma in una scuola severa, quella di Salvatore Cognetti De Martiis, che nel 1893 dà vita a Torino al Laboratorio di Economia Politica, che addestra, oltre allo stesso Einaudi, Giuseppe Prato e Pasquale Jannaccone. A 28 anni (!) vince il concorso di Scienza delle finanze e subito è chiamato a insegnare allUniversità di Torino. Nel 1907 succede a Francesco Saverio Nitti nella direzione de La Riforma sociale; più tardi dirigerà la Rivista di Storia economica; voci di una libera cultura che per decenni contribuirono alla modernizzazione dellItalia, secondo un criterio che assegnava la priorità alla «convenienza economica», cioè allefficienza, piuttosto che alla distribuzione, cioè allequità: senza produzione di ricchezza, si distribuisce la miseria.
Il maggior riferimento politico e ideale di Einaudi è senzaltro Cavour, fautore di un juste-milieu, avverso tanto ai reazionari come ai rivoluzionari, in ottemperanza alla fede in un progresso economico e sociale entro le coordinate dellordine e della moderazione e in piena continuità, perciò, con il Risorgimento della Destra storica. Il pensiero economico einaudiano si rifà alla tradizione liberale più classica, da John Stuart Mill alla scuola neoclassica austriaca. Per quanto riguarda lItalia, bisogna almeno menzionare Francesco Ferrara, Maffeo Pantaleoni e Vilfredo Pareto, tutti pensatori che propugnavano senza riserve la dottrina del libero mercato contro ogni forma di protezionismo e di statalismo.
Liberale allinglese, più propenso quindi al ragionevole che al razionale, combatté Giolitti e il suo sistema di governo, perché giudicati fattori di corruzione. Dopo il 1925 si affiancò a Croce nella resistenza morale al fascismo, avversato come regime dittatoriale e come regime corporativo: uno statalismo inclinante a una sorta di comunismo spurio; lo stesso giudizio negativo non risparmiò Keynes e leconomia keynesiana. Caduto il regime, il gruppo di studiosi raccolti intorno ad Einaudi si disperse.
Allindomani della Liberazione, Einaudi entrò a pieno titolo nella vita politica del Paese: esponente del Pli, governatore della Banca dItalia, membro della Consulta e deputato alla Costituente, ministro del bilancio nel quarto governo De Gasperi, infine presidente della Repubblica.
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