Cpo, così si «smantella» un gioiello

Sulla Asl Roma D e il suo direttore generale Giusi Gabriele adesso indaga la Procura di Roma. Interruzione di pubblico servizio il reato ipotizzato. La vicenda è quella del Centro paraplegici di Ostia, fiore all’occhiello della sanità laziale oggi cattedrale nel deserto.
Nel giro di pochi mesi il numero degli interventi chirurgici è crollato. Dai 483 del 2006 ai 20 dei primi sei mesi del 2007. Confronto ancora più impietoso con il 2005, quando alle 389 operazioni al Cpo si aggiunsero le 207 eseguite al policlinico Di Liegro dai medici del Cpo. Dei 5 medici chirurghi presenti fino a dicembre ne è rimasto uno solo, l’ultimo trasferimento è di una settimana fa. Delle cinque Unità operative complesse, la più importante, chirurgia plastica, è stata chiusa (o meglio, trasferita al Di Liegro, per metà privato). Il servizio di «Day hospital» di chirurgia plastica è stato trasferito sempre al Di Liegro, quello ambulatoriale (sempre di chirurgia plastica) a Casal Bernocchi. L’ecografia è bloccata, l’ecodoppler trasferito la radiologia funziona a singhiozzo. Dei 2 medici e 3 tecnici che ci lavoravano prima, ne rimangono 1 e 1. Risultato: se per ferie o malattia manca uno dei due si blocca anche la radiografia. In più, la piscina per riabilitazione, che non ha mai funzionato, è stata completamente smantellata. Destino simile per la palestra che è stata dimezzata. Al loro posto solo uffici amministrativi dell’Asl. Dei sei posti letto promessi negli anni neanche l’ombra. Così la sala operativa, costruita nel 2004, ora funziona al massimo una volta al mese e il numero dei ricoveri è crollato. Eppure fino allo scorso anno il Cpo era il primo ospedale in Italia, e il secondo in Europa, per la cura delle lesioni alla colonna vertebrale. Al punto da essere costretto ad appoggiarsi al Di Liegro per soddisfare le richieste di malati di tutta Italia.
Inutili finora le proteste dei malati e dell’associazione che li rappresenta, l’Amo, inutili le interrogazioni di parlamentari e consiglieri regionali, inutili gli articoli dei giornali locali. L’ospedale specializzato in mielolesioni (le patologie del sistema nervoso centrale) sembra destinato, nelle intenzioni dei dirigenti della Asl Roma D, a sparire. Forse per favorire la struttura privata del Di Liegro, dell’ospedale del Mare o quello di Casal Bernocchi. «A mare rischiamo di finire noi - commenta il presidente dell’Amo Gennaro Di Rosa -. La chiusura del Cpo comporterebbe la morte per tanti paraplegici». Nel dicembre scorso i paraplegici occuparono un piano dell’ospedale. L’assessore regionale alla Sanità promise 30 posti di riabilitazione per i mielolesi ma di quei letti non vi è traccia.

Negli ultimi quattro mesi, inoltre, i Nas hanno visitato per ben tre volte la struttura di via Vega. La lunghissima lista d’attesa dei malati al midollo spinale, intanto, non esiste più. La motivazione, però, deve far riflettere: i mielolesi semplicemente non fanno più richiesta per essere ricoverati al Cpo.

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