Crepe nelle indagini: fuori un carabiniere un altro ai domiciliari

RomaRestano in carcere due carabinieri su quattro. Il Tribunale del riesame ha disposto la scarcerazione di Nicola Testini e ha concesso gli arresti domiciliari ad Antonio Tamburrino arrestati per il presunto ricatto al governatore della Regione Lazio Piero Marrazzo. Confermata la misura della custodia cautelare in carcere per gli altri due militari «infedeli», Luciano Simeone e Carlo Tagliente. Una decisione che sconfessa in parte l’impianto accusatorio della Procura di Roma e «restringe» alla coppia di militari entrata nell’appartamento di via Gradoli la responsabilità dell’accaduto. Per il collegio presieduto da Francesco Taurisano il carabiniere Testini non doveva essere arrestato perché il giorno del blitz nella casa del trans, compiuto da Simeone e Tagliente, era lontano da Roma, in ferie. Quanto al «collega» Tamburrino è accusato «solo» di ricettazione per aver tentato di piazzare il video attraverso l’agenzia fotografica PhotoMasi.
Mentre i magistrati annunciano che impugneranno la decisione in Cassazione, gli avvocati degli indagati non nascondono una certa soddisfazione. Una prima crepa nell’inchiesta si è aperta. «Sono molto contento, leggeremo le motivazioni, penso che abbiamo dato al collegio argomenti validi - dice Valerio Spigarelli, difensore di Testini -. Questo è un Tribunale serio e non ci sorprende che li abbia accolti». Contento a metà l’avvocato Marina Lo Faro che difende Testini e gli altri due carabinieri (Simeone e Tagliente, ndr) per i quali il riesame ha disposto la conferma della custodia cautelare in carcere.
E ieri, durante l’udienza, è stato visionato per la prima volta in «pubblico» il video di Piero Marrazzo con il trans. La visione delle immagini del governatore del Lazio in mutande - accanto a un viado a seno nudo - che chiede di non essere coinvolto in uno scandalo, è stata richiesta dalla difesa dei quattro carabinieri arrestati e poco o nulla ha influito sulla decisione dei giudici di annullare parzialmente l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Sante Spinaci il 24 ottobre. La Procura aveva dato parere negativo alle richieste di scarcerazione della difesa e ribadito in aula le accuse del primo momento: il video è stato girato con un telefonino dai carabinieri per ricattare Marrazzo, sempre loro hanno portato la droga nell’appartamento di via Gradoli e poi tentato di piazzare sul mercato il filmino. Opposta la versione dei militari che hanno continuato a negare di aver tentato di estorcere denaro al governatore in cambio del loro silenzio e anche di essere gli autori del video. Neppure della cocaina sanno qualcosa, l’hanno trovata lì, nell’appartamento dove hanno fatto un’irruzione di routine per poi trovarsi casualmente di fronte a Marrazzo. Unica loro «debolezza», ammessa nei verbali, quella di aver cercato di piazzare il filmato avuto dal confidente-pusher Gianguerino Cafasso, morto lo scorso settembre.

Nel video si vede Marrazzo che chiede ai carabinieri di non rovinarlo. L’atteggiamento, secondo Bruno Von Arx, difensore di Simeone, sembra tranquillo. «Segno che non c’è stata la coercizione di cui parlano i pm» e lo stesso Marrazzo.

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