In crisi la coppia Bondi-Angiolini

Le tensioni legate alla vendita del Parma Calcio. Nel 2005 gruppo in utile per 45 milioni

Angelo Allegri

da Milano

Il calcio sembra mettere a dura prova una delle coppie più affiatate della finanza italiana, quella costituita da Enrico Bondi, numero uno di Parmalat, e Guido Angiolini suo braccio destro da sempre. Le voci sui dissidi tra i due circolano da giorni e per qualcuno sarebbe addirittura in discussione la stessa permanenza di Angiolini alla guida del Parma Calcio, una delle società di Calisto Tanzi che Bondi vorrebbe vendere al più presto. L’oggetto del contendere sarebbe proprio la cessione del club sportivo, la cui vicenda si trascina da mesi. Nell’agosto scorso Bondi siglò un accordo con l’ex presidente del Real Madrid, Lorenzo Sanz. Quest’ultimo avrebbe acquisito il controllo della società in cambio di circa 27,5 milioni. Da allora però non è successo nulla. Prima sono stati i problemi finanziari di Sanz (che aveva versato un anticipo di 7,5 milioni e che rischia di perderli) a rallentare i negoziati. Ora il problema sembrebbe uno sconto chiesto dallo spagnolo, di fronte agli 8,5 miliardi di debiti con fisco che il nuovo Parma Calcio ha accumulato dalla metà del 2004.
Le diverse opinioni di Bondi e Angiolini su tempi e termini della trattativa sarebbero alla base delle tensioni. La coppia si è formata all’inizio degli anni 80, quando entrambi lavoravano alla Snia. Bondi come capo del settore chimico, Angiolini come responsabile amministrativo. Da allora, con qualche parentesi, il duo ha marciato in parallelo. Prima impegnato nel difficile salvataggio di Montedison, poi nel gruppo Ligresti, ora nel turnaround delle aziende di Tanzi. Per quanto riguarda Parmalat Bondi si troverà nei prossimi giorni ad affrontare un tornante decisivo. Il 4 aprile la Corte costituzionale (secondo Radiocor i relatori saranno Giuseppe Tesauro e Romano Vaccarella) valuterà la legittimità delle azioni revocatorie avviate da Bondi nei confronti delle banche. Tra gli istituti interessati ci sono Hsbc, Mps, Bpi, Bipop, Unicredit, Sanpaolo e Ubs; in caso di sconfitta Parmalat rischia di vedere volatilizzate cause per un valore di 7,5 miliardi. E una conclusione negativa della vicenda non potrebbe non avere conseguenze borsistiche rilevanti. Le valutazioni di analisti e banche d’affari incorporano infatti (sia pure parzialmente) l’ammontare degli eventuali incassi provenienti dalle iniziative giudiziarie di Bondi.
Ieri l’azienda di Collecchio ha diffuso i risultati per il 2005. L’utile pro-forma (i risultati sono stati adattati per far fronte alle vicende del gruppo) è stato di 45,3 milioni di euro, che si confronta con una perdita di 173,2 milioni del 2004. I ricavi della gestione caratteristica dei 12 mesi ammontano a 3,87 miliardi segnando un rialzo del 3,9% rispetto al 2004. L’indebitamento finanziario netto consolidato è in diminuzione ed è passato a 396,3 milioni rispetto ai 541,9 milioni del 2004.


I risultati, accoppiati a un certo ottimismo sull’esito della vicenda “revocatorie”, hanno avuto subito effetto a Piazza Affari. Il titolo ha chiuso con un rialzo del 2,95% a 2,67 euro. Gli scambi sono stati più del doppio della media giornaliera.

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