«La crisi economica si supera con il lavoro e con la solidarietà»

Roma«La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative». È uno sguardo lucido, realista, che non dimentica nessuno dei problemi che attanagliano il mondo contemporaneo, ma li affronta chiedendo un cambiamento di mentalità. Caritas in veritate, l’enciclica sociale di Papa Ratzinger, la terza del pontificato, ha visto finalmente la luce ieri, con due anni di ritardo rispetto al previsto. Un documento complesso e articolato che presenta «la carità nella verità» come «la principale forza propulsiva per il vero sviluppo».
Più vicini ma meno fratelli
Il Papa nel primo capitolo commemora l’enciclica Populorum progressio di Paolo VI e ricorda che «le cause del sottosviluppo non sono primariamente di ordine materiale», ma vanno cercate innanzitutto nella volontà, nel pensiero e ancor più «nella mancanza di fraternità tra gli uomini e i popoli». «La società sempre più globalizzata», spiega, «ci rende vicini, ma non ci rende fratelli» e bisogna mobilitarsi, perché l’economia evolva «verso esiti pienamente umani».
I rischi della finanza
Nel secondo capitolo, Ratzinger affronta il tema dello sviluppo, mettendo in guardia dall’esclusivo obiettivo del profitto, il quale, «senza il bene come fine ultimo, rischia di distruggere ricchezza e creare povertà». E accenna ad alcune distorsioni, come ad esempio una finanza «per lo più speculativa», flussi migratori «spesso solo provocati» e poi mal gestiti», lo «sfruttamento spericolato delle risorse della terra». Anche se «cresce la ricchezza mondiale in termini assoluti», aumentano le disparità. Il Papa denuncia la piaga della corruzione, sia nei Paesi ricchi come in quelli poveri, il fatto che le grandi imprese non rispettino i diritti dei lavoratori e lo sperpero degli «aiuti internazionali», spesso «distolti dalle loro finalità, per irresponsabilità» dei donatori e dei destinatari. Così come denuncia «le forme eccessive di protezione della conoscenza da parte dei Paesi ricchi, mediante un utilizzo troppo rigido del diritto di proprietà intellettuale, specialmente nel campo sanitario».
I doveri dei paesi ricchi
Giovanni Paolo II, dopo la caduta del Muro di Berlino, aveva proposto «una riprogettazione globale dello sviluppo», ma questo è accaduto «solo in parte». Oggi però si rivaluta «il ruolo dei pubblici poteri dello Stato» ed è auspicabile una maggiore partecipazione della società civile alla politica. Benedetto XVI accenna alla delocalizzazione delle produzioni di basso costo da parte dei Paesi ricchi, che «hanno comportato la riduzione delle reti di sicurezza sociale», con «grave pericolo» per i diritti dei lavoratori, deplorando anche i tagli alla spesa sociale «spesso promossi dalle istituzioni finanziarie internazionali», che possono lasciare i cittadini impotenti di fronte a rischi vecchi e nuovi».
Un no assoluto all’aborto
Dopo aver citato lo scandalo della fame e la mancanza di «un assetto di istituzioni economiche in grado» di fronteggiare l’emergenza, il Papa spiega che il rispetto per la vita «non può in alcun modo essere disgiunto» dallo sviluppo dei popoli, denunciando le pratiche di controllo demografico che «giungono a imporre anche l’aborto» e la «mentalità antinatalista» che i Paesi sviluppati cercano di trasmettere ad altri Stati «come se fosse un progresso culturale». E c’è il «fondato sospetto che a volte gli stessi aiuti allo sviluppo vengano collegati» a politiche sanitarie che implicano l’imposizione del controllo delle nascite.
I danni del fondamentalismo
Oltre al diritto alla vita, nell’enciclica si sottolinea quello alla libertà religiosa, ricordando le violenze del terrorismo fondamentalista che «frenano lo sviluppo autentico» ma anche la promozione dell’ateismo da parte di molti Paesi. Dopo aver chiesto di «perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro per tutti» e aver messo in guardia da un’economia di corto respiro che abbassa il «livello di tutela dei diritti dei lavoratori» per far acquisire a un Paese «maggiore competitività internazionale», il Papa afferma che «senza la guida della carità nella verità» gli effetti della globalizzazione possono portare «danni sconosciuti» e «nuove divisioni».
Si deve saper donare
Nel quarto capitolo dell’enciclica, il Papa rigetta la «visione solo produttivistica e utilitaristica dell’esistenza», dichiarando che la convinzione dell’autonomia dell’economia dalla morale «ha spinto l’uomo ad abusare dello strumento economico in modo persino distruttivo». Lo sviluppo, se vuole essere davvero umano, deve far spazio «al principio di gratuità», di dono. «Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la sua funzione». Vengono citate positivamente tante esperienze come il non profit, il microcredito, la finanza etica, spiegando che la reciprocità propria della fraternità deve entrare pienamente dentro i meccanismi economici ed essere motivo di redistribuzione, di giustizia sociale e di solidarietà, non successivamente e a lato, come beneficenza, ma nei meccanismi stessi. Caritas in veritate non condanna il mercato, ma spiega che esso «non può contare solo su se stesso» e non deve considerare i poveri «un fardello, bensì una risorsa», né diventare «luogo della sopraffazione del forte sul debole». La logica del mercato va dunque «finalizzata al bene comune» e di questo deve farsi carico la politica. L’economia infatti non elimina il ruolo degli Stati e della società civile. La crisi economica, aggiunge il Papa, chiede «profondi cambiamenti» per l’impresa, la cui gestione «non può tenere conto degli interessi dei soli proprietari», ma «deve anche farsi carico di tutte le altre categorie di soggetti che contribuiscono» alla sua vita. E criticando i manager che rispondono «solo agli azionisti» invita a evitare un impiego «speculativo delle risorse finanziarie».
Ambientalisti, attenti
Nel quarto capitolo, Benedetto XVI definisce «scorretto» il «considerare l’aumento della popolazione come causa prima del sottosviluppo», e contesta una certa ideologia ambientalista che dimentica la superiore dignità della persona umana e non difende il diritto alla vita. Il Papa denuncia come «un grave impedimento allo sviluppo dei popoli» l’accaparramento delle risorse e afferma che «le società tecnologicamente avanzate possono e devono diminuire il proprio fabbisogno energetico», chiedendo anche un cambiamento degli stili di vita. Giudizio realistico anche sulla cooperazione: «Gli organismi internazionali dovrebbero interrogarsi sulla reale efficacia dei loro apparati burocratici», spesso «troppo costosi». Capita a volte che «i poveri servano a mantenere in vita dispendiose organizzazioni burocratiche».
Il principio di sussidiarietà
Principio di riferimento per umanizzare la globalizzazione e al tempo stesso evitare «ogni forma di assistenzialismo paternalista» è il principio di sussidiarietà, che l’enciclica invoca con forza chiedendo di coinvolgere società civile e corpi intermedi, non solo i governi. Per non sprecare gli aiuti finendo per creare dipendenza o soltanto «mercati marginali per i prodotti» dei Paesi in via di sviluppo. Nella lettera trova spazio un invito ai Paesi ricchi a «destinare maggiori quote» del Pil per lo sviluppo, oltre all’auspicio di un maggiore accesso all’educazione, evitando di cedere al relativismo, che fa diventare più poveri. A questo proposito Benedetto XVI cita il fenomeno del turismo sessuali, che «si svolge spesso con l’avallo dei governi locali» e «con il silenzio di quelli da cui provengono i turisti con la complicità di tanti operatori del settore».
Migrazioni globali
Sul fenomeno «epocale» delle migrazioni, il Papa ammonisce che nessuno Stato può farvi fronte da solo e invita a rispettare i diritti di ogni migrante. Anche l’Onu, aggiunge il pontefice, va riformato, definendo urgente la presenza di una vera «autorità politica mondiale», che goda di «potere effettivo» per governare la globalizzazione secondo i principi di sussidiarietà e solidarietà.


I pericoli della tecnica
L’ultimo capitolo è infine dedicato alla nuova ideologia che ha sostituito le ideologie crollate alla fine del Novecento: quella della tecnica e del suo arbitrio. Il Papa si rammarica che la ricerca sugli embrioni e la clonazione siano «promosse dall’attuale cultura» e teme «una sistematica pianificazione eugenetica delle nascite».

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