La critica Bei dialoghi, grandi soggetti: è il «miracolo» della Festa

La critica Bei dialoghi, grandi soggetti: è il «miracolo» della Festa

L'apogeo del western fu tra metà anni Quaranta e metà anni Sessanta, quando a scrivere quei film erano gli stessi autori dei «noir» o dei polizieschi, come Elmore Leonard. Ed Harris, che lo sa, ha scelto per soggettista Robert Parker, continuatore di Raymond Chandler: a tre suoi capitoli inediti Parker ne aggiunse altri suoi, facendone «Poodle Springs» (Mondadori).
Sono proprio i dialoghi alla maniera di Chandler il punto di forza del suo «Appaloosa», che li ha preservati per lo più invariati dal romanzo omonimo: dunque sono secchi, ironici, volentieri taglienti. Lo stesso Harris interpreta uno sceriffo in età nel Nuovo Messico del 1882, insieme a un ex ufficiale, l'altrettanto sobrio Viggo Mortensen. Ebbene, con «Appaloosa» il Festival di Roma, sopravvissuto all'ignoranza e all'invidia, ha fatto anche quest'anno il suo miracolo, dopo «The Departed» (2006) di Martin Scorsese e «Into the Wild» di Sean Penn (2007).
Due volte ieri nella conferenza stampa è stato chiesto ad Harris se, girando, avesse avuto in mente Sergio Leone! Ma quello di Harris è invece West vero, con visibile gayezza. Nel triangolo fra sceriffo, vicesceriffo e una pianista (Renée Zelwegger) in cerca di un uomo che la domini e domini gli altri, lei è sempre a disposizione di chi anche momentaneamente prevalga nella lotta per l'esistenza.
Il taciturno personaggio di Mortensen ama invece sommessamente ma fedelmente il taciturno personaggio di Harris, che mi dice: «Sono come una vecchia coppia che cavalca insieme da una dozzina d'anni». Fra i due, sarà il personaggio di Mortensen a sacrificarsi per l'altro, togliendo di mezzo il cattivo (Jeremy Irons) che è soprattutto il concorrente di Harris per le grazie sfiorite della Zelwegger. Tanto effemminato era nell'omosessualità «Brokeback Mountain» di Ang Lee, tanto resta virile «Appaloosa», come in «Ultima notte a Warlock» di Edward Dmytrik, «Solo sotto le stelle» di David Miller e «Sfida nell'Alta Sierra» di Sam Peckinpah.

Chi saprà capire, apprezzerà, riconoscendo come archetipi certi personaggi di Randolph Scott; chi non capirà, o non vorrà capire, potrà restare alla superficie e invidiare quell'amicizia che nessuna astuzia femminile riesca a offuscare.

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