Crollo a Pompei, ma adesso tutti zitti

Cade un pilastro della Casa di Tiburtino. Per un danno meno grave il ministro Bondi finì in croce GUARDA le foto

Crollo a Pompei,  ma adesso tutti zitti

Qualche giorno fa mi fu attribuito all’Auditorium a Roma il premio Petrassi insieme ad altri illustri valentuomini e virtuose donne. Da Roman Vlad a John Osborne da Ettore Scola a Gigi Proietti, da Luis Bacalov a Piera Degli Esposti. Tra i premiati vi erano anche la musicista Irma Raviale e Stefania Sandrelli. Chiamato a commentare le opere di Ennio Calabria, altro premiato, mi fu chiesto di spiegare perché vi fossero in Italia tanti brutti monumenti nella piazze negli edifici pubblici dopo avere espresso per secoli una tradizione artistica così alta ed eletta.

Tra le altre cose spiegai che, contrariamente a ciò che si pensa, una delle ragioni era lo spreco di denari per consentire agli artisti di ornare colle loro opere edifici pubblici per un valore pari al 2 per cento dell’opera. Una spiegazione che per una volta ribaltava il lamento per la carenza di finanziamenti che, in questo caso, ci avrebbe risparmiato tanti orrori.

Un ragionamento apparentemente paradossale ma molto semplice e perfino ovvio. Ma qualcosa deve aver irritato Stefania Sandrelli la quale ha interpretato le mie parole come un comizio (perché mi ero premesso di criticare Rutelli e Veltroni ma anche il ministro Urbani per la scandalosa copertura dell’Ara pacis), e che per contraddirmi fece uno sdegnato riferimento a «Pompei», ellittico ma non difficile da decifrare. Voleva alludere allo scandalo dei crolli e al discredito internazionale del nostro governo. Voleva, ovviamente, riferirsi a Bondi, crocifisso per non aver impedito il crollo di alcuni muri andando a sostenerli con le mani.

All’epoca non fu facile per Bondi, e cercammo di dirlo, Andrea Carandini e io, far intendere che quel ministero aveva fatto il proprio dovere, non lesinando finanziamenti a Pompei, regolarmente e abbondantemente concessi e rimasti tra i fondi non spesi dai sovrintendenti responsabili. Attribuire la colpa dei crolli a Bondi equivaleva a giudicare responsabile della sentenza sbagliata di un giudice con la condanna di un innocente il ministro della giustizia. I tecnici e i sovrintendenti ai Beni culturali hanno la loro autonomia, come i magistrati, ma sembrava impossibile sostenere un così semplice concetto e, dagli intellettuali ai giornalisti salì unanime lo sdegno nei confronti di Bondi con un accanimento incontenibile.

La ragione fu oscurata, e l’intervento della Sandrelli ne è l’ultima, perfino inconsapevole, dimostrazione.
Ma ecco che oggi casca l’asino, anzi cascano gli asini; e crolla un altro muro. Crolla senza ritegno. Nonostante gli allarmi, le preoccupazioni, gli accordi internazionali, le garanzie di uno straordinario finanziamento francese con tanto di protocolli e accordi firmati e controfirmati. Il muro se ne frega e crolla lo stesso. Non guarda in faccia a nessuno, e non c’è più Bondi a esser chiamato a rispondere.

Arrivano i carabinieri sul luogo del crollo, nel pergolato esterno della casa di Loreio Tiburtino, fanno rilievi fotografici e planimetrici. Gli intellettuali non si indignano più, la Sandrelli tace e nessuno dice che è colpa di Lorenzo Ornaghi, e che l’incuria di Pompei rispecchia il cattivo governo dell’Italia. È il terzo o quarto crollo; ma il primo senza capri espiatori con la consueta formula consolatoria che il pilastro che ha ceduto è privo di valore artistico, come ogni pilastro, come ogni muro d’altronde. Se ci avessero consegnato il premio Petrassi questa sera la Sandrelli avrebbe ricordato Pompei come onta del governo tecnico e dell’insensibilità di Monti e di Ornaghi o avrebbe evitato il riferimento? E io avrei potuto maramaldeggiare e dire si vergognino i politici che ci governano di non aver impedito, nonostante gli avvisi e le universali preoccupazioni, questo ennesimo crollo, mettendo in sicurezza l’intera area archeologica, le insulae più a rischio di Pompei?

No, io non l’avrei fatto, stimo Monti e stimo Ornaghi e non riesco neppure a pensare che un evento calamitoso in un’area tanto vasta debba avere altro responsabile diretto che la decennale assenza di manutenzione che ovviamente riguarda governi di destra e di sinistra e un’insufficiente considerazione dell’importanza non solo simbolica del nostro patrimonio artistico. Senza manutenzione, e non per colpa dei ministri, i monumenti e anche gli edifici di civile abitazione, come sa la Sandrelli, degradano.

Ma voglio aggiungere che non ho una considerazione della qualità intellettuale di Ornaghi superiore a quella che avevo di Bondi e che ritengo entrambi, nelle loro funzioni, irresponsabili, forse sfortunati. Però so anche che, dopo questo crollo, il mondo non avrà, attraverso l’eco dei giornali, un’indignazione nei confronti dell’Italia di cui la fragile Pompei sarebbe una metafora.
Si tratta di un sito archeologico coi suoi mille problemi. Ma non ho mai letto, per converso, le lodi all’Italia e ai buoni governi che hanno impeccabilmente restaurato e restituito al mondo il teatro Petruzzelli, la cattedrale di Noto, la chiesa di S. Anastasia a Verona e altri monumenti patrimonio dell’umanità.

Le colpe sono facili da attribuire, i meriti non si riconoscono anche quando dipendono da un riconosciuto impulso politico.

Ora, sotto il muro di Pompei non troviamo Monti e Ornaghi, ma sotto un altro muro, sempre di Pompei, è sicuramente caduto Bondi. Anche con una leggera spinta della Sandrelli. Forse è arrivato il momento di rendersene conto.

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