Caso Artem Uss, le rivelazioni del complice serbo sulla fuga dell'oligarca russo

Lolic: "Non ho mai negato di avere partecipato ma non pensavo che fosse una cosa così grossa"

Caso Artem Uss, le rivelazioni del complice serbo sulla fuga dell'oligarca russo
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"Non ho mai negato di avere partecipato ma non pensavo che fosse una cosa così grossa". Alle 11 di questa mattina, un nuovo squarcio di verità arriva sulla fuga dall'Italia di Artem Uss, oligarca russo, svanito dall'Italia il 22 marzo 2023 mentre si trovava agli arresti domiciliari vicino Milano, e sulla sua testa pendeva la richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti. Nell'aula della settima sezione del Tribunale di Milano c'è l'unico imputato per avere aiutato quella fuga: Dmitry Chirakadze, imprenditore russo, residente in Svizzera, catturato nel giugno scorso a Fiumicino proveniente dalla Costa Smeralda e diretto nella Confederazione. Per gli inquirenti, Chirakadze fa parte del "livello sovraordinato" della operazione Uss, la complessa macchina organizzata per portare in salvo in patria il ricercato. E ad accusarlo, in un aula trasformata nel set di un intrigo internazionale, c'è un serbo cupo e massiccio, che parla in videoconferenza da un ufficio giudiziario di Belgrado.

Si chiama Srdan Lolic, a Belgrado era direttore di un grande albergo, la Serbia ha rifiutato la sua estradizione ma ha consentito ai giudici italiani di interrogarlo da remoto. Lolic parla con voce di basso profondo, medita le parole una ad una. Accusa Chirakadze di avere avuto un ruolo chiave nell'organizzazione del sequestro. La mente di tutto, dice, fu il deputato Viktor Zubarev, dello stesso partito del padre di Artem Uss, allora stretto alleato di Putin e governatore della remota regione di Krasnoyarsk. Fu il deputato Zubarev, racconta, "a dirmi Lui che c'era lapossibilita' che sarebbe venuta da me una persona di fiducia del padre di Artem Uss per parlare con me dell'evasione": quella persona era Dmitry.

L'avvocato di Chirakadze insorge, dice che in un verbale precedente Lolic aveva detto che l'interlocutore aveva gli occhi azzurri, chiede al giudice Ombretta Malacarne di guardare gli occhi dell'imputato, il giudice si schermisce, "sono miope", l'avvocato colma la lacuna, "sono marroni". Lolic se la cava dicendo di essersi sbagliato, "non guardo gli occhi degli uomini".

La genesi del rapimento, nel racconto di Lolic, avviene passo per passo. Per invogliarlo, racconta, gli vennero offerti "una catena d'oro e un viaggio al Polo Nord"Teatro delle trattative un albergo di Belgrado, e il ristorante italiano "Mario" a Mosca. "All'inizio mi venne chiesto di fornire assistenza a Uss che era in carcere in Italia e a sua moglie, e di forngli assistenza se avesse ottenuto gli arresti domiciliari. "I dettagli dell'evasione? Ancora non li avevamo decisi perche' i giudici italiani non si erano pronunciati sull'estradizione. Non sapevamo se lui avrebbe avuto i domiciliari. Comunque l'opzione di aiutare la fuga era in programma fin da subito, quando Artem era ancora in carcere". Come funzionava la pianificazione? "Certo, al telefono non era una cosa di cui si poteva parlare espressamente ma le cose si possono dire anche in un altro modo. Sapevamo che se igiudici avessero detto no all'estradizione, avremmo organizzato un'evasione per aiutarlo". A sbloccare l'operazione sono, involontariamente, i giudici della Corte d'appello di Milano che nonostante l'opposizione degli Stati Uniti, che sottolineano la pericolosità di Uss e i rischi di fuga, gli concedono gli arresti domiciliari. A monitorare la decisione della magistratura milanese sarebbe stato proprio Chirakadze. Vladrimir Jovancic, uno del commando operativo che ha realizzato l'operazione, lo ha indicato come la mente degli Uss: "Uno che lavora per la famiglia, che risolve tutto".


Lui, Chirakadze, segue l'udienza con gli auricolari che lo collegano al suo interprete personale. E la sensazione è che non sia il solo russo a prestare grande attenzione a quel che si dice nell'aula del processo milanese.

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