Enzo Tortora, la vittima simbolo del giustizialismo e della gogna mediatica

Il surreale processo per camorra segnò la vita dell'amato conduttore televisivo, morto 35 anni fa esatti. L'avvocato Della Valle dirà: "Non fu un errore, ma un orrore giudiziario"

Enzo Tortora, la vittima simbolo del giustizialismo e della gogna mediatica
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Se la vergogna della malagiustizia italiana potesse essere riassunta in un solo nome e cognome, porterebbe sicuramente quello di Enzo Tortora. Il calvario giudiziario attraversato dal popolarissimo conduttore televisivo - deceduto 35 anni fa esatti a neanche 60 anni di età - è un caso più unico che raro che ha coinvolto non "solo" innocente nel merito del processo, ma proprio completamente estraneo a tutte le infamanti accuse che gli sono state clamorosamente addebitate.

L'arresto di Enzo Tortora

La vicenda, diventata (quasi) inevitabilmente mediatica, è a dir poco scandalosa. Il 17 giugno 1983 Enzo Tortora viene arrestato alle ore 4 di mattina con l'accusa di traffico di stupefacenti e associazione a delinquere di stampo camorristico. Il tutto avviene nell'ambito di un'operazione diretta dalla Procura di Napoli, per l'esecuzione di 856 ordini di cattura. Le indagini si basavano sulle dichiarazioni dei pregiudicati Giovanni Pandico, Giovanni Melluso, Pasquale Barra e di altri otto imputati nel processo alla cosiddetta Nuova Camorra Organizzata creata da Raffaele Cutolo: il volto di Portobello apparterrebbe alla Nco con l'incarico di corriere di stupefacenti. Un'accusa clamorosissima, posta ancora di più in evidenza dalla sua fotografia in manette tra due carabinieri che diventa subito virale.

Dato letteralmente in pasto all'opinione pubblica sui giornali e in televisione, senza alcuna forma minima di garantismo, Tortora tenta di difendersi in Tribunale dichiarandosi totalmente innocente. In pochi gli credono: tra i volti più noti al grande pubblico televisivo, solamente Pippo Baudo, Piero Angela ed Enzo Biagi prenderanno le sue difese. Sette mesi in cella; poi l'ottenimento degli arresti domiciliari. Nel frattempo, nel giugno 1984, viene eletto europarlamentare con i Radicali, intenzionati a dargli l'immunità, ma sarà proprio Tortora, una volta torna in libertà, ad annunciare a Bruxelles e Strasburgo che avrebbe chiesto ai suoi colleghi di concedere l'autorizzazione a procedere nei suoi riguardi.

L'Appello ribalta il primo grado: assolto

Si arriva così al 17 settembre 1985: il presentatore tv viene condannato in primo grado a dieci anni di carcere. Dimessosi da eurodeputato nel dicembre successivo, venne posto agli arresti domiciliari. Il tempo si rivela tuttavia galantuomo con lui. A conclusione del processo di Appello, Enzo Tortora rende delle dichiarazioni delle quali viene ricordata, soprattutto, la parte conclusiva: "Sono innocente. Lo grido da tre anni, lo gridano le carte, lo gridano i fatti che sono emersi da questo dibattimento! Io sono innocente. Spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi". Il 15 settembre 1986 arriva così finalmente la sentenza di secondo grado che ribalta il primo: assoluzione con formula piena. I giudici smontano le accuse rivoltegli dai camorristi, che avevano dichiarato il falso allo scopo di ottenere una riduzione della loro pena o per trarre pubblicità dalla vicenda. La Cassazione confermò definitivamente la sua innocenza il 13 giugno 1987.

Le ultime apparizioni tv

Tuttavia Tortora non avrà molte occasione per godersi il meritato riscatto giudiziario. Il 18 maggio 1988, infatti, un tumore polmonare lo stroncò nella sua abitazione a Milano dopo mesi di sofferenza. La malattia dipese molto anche dal processo di Napoli, come lui stesso ebbe modo di dire in un'intervista con Enzo Biagi. Quando era ritornato in tv a condurre il suo Portobello, il 20 febbraio 1987, pronunciò un commovente discorso ai telespettatori.

"Dunque, dove eravamo rimasti? Potrei dire moltissime cose e ne dirò poche", esordì. "Una me la consentirete: molta gente ha vissuto con me, ha sofferto con me questi terribili anni. Molta gente mi ha offerto quello che poteva, per esempio ha pregato per me, e io questo non lo dimenticherò mai. E questo grazie a questa cara, buona gente, dovete consentirmi di dirlo. L'ho detto, e un'altra cosa aggiungo: io sono qui, e lo so, anche per parlare per conto di quelli che parlare non possono, e sono molti, e sono troppi.

Sarò qui, resterò qui, anche per loro". Raffaele Della Valle, avvocato difensore e amico del presentatore, commenterà in seguito: "Quello non fu un errore giudiziario: fu un orrore giudiziario".

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