Sono state le ricerche sul web a inchiodare Alessandro Impagnatiello. Sulle slide portate in aula da uno degli investigatori della squadra omicidi di Milano, sono almeno 42 i risultati nella cronologia Internet con la parola “veleno”. La ricostruzione emerge dalla seconda udienza del processo a carico del 30enne accusato dell’omicidio della compagna 27enne uccisa incinta al settimo mese di gravidanza. Con la parola chiave veleno avrebbe consultato il web da dicembre, poco dopo avere scoperto che la compagna Giulia Tramontano era incinta, fino a maggio 2023 quando poi la giovane fu uccisa. “Veleno”, “Veleno per topi in gravidanza”, “Veleno per topi uomo”. Il 7 gennaio il motore di ricerca utilizzato gli ha restituito come risultato una pagina internet del sito Quora con questo titolo: “Quanto veleno per topi è necessario per uccidere una persona”. Un’altra ricerca che ha dato indizio del suo coinvolgimento nell’omicidio la avrebbe effettuata il 31 maggio, mentre si trovava negli uffici del Nucleo investigativo dei carabinieri di Milano. In quel momento gli investigatori stavano già analizzando la sua auto T-Roc con il luminol, alla ricerca di tracce di sangue.
Il primo sopralluogo e lo zaino
Un altro elemento che incastra Impagnatiello è il suo zaino. Questa volta è il comandante Antonio Caretti, dei carabinieri della stazione di Senago, a testimoniare in aula. É notte fonda, tra il 28 e il 29 maggio, e Impagnatiello ha appena presentato denuncia di scomparsa della compagna. Racconta il barista ai militari di essere molto preoccupato: spiega che lei è incinta al settimo mese, ed è sconvolta perché ha scoperto che lui aveva un’altra relazione con una collega barista. I carabinieri quindi si mettono subito al lavoro, lo accompagnano nell’appartamento di Senago per un sopralluogo. E qui il 30enne tira fuori il suo zaino. É di cuoio e, come racconta Caretti, “emana un forte odore di benzina”. Nelle slide in aula vengono mostrate gli screenshot del video, girato con il cellulare degli investigatori, dei momenti in cui apre lo zaino per estrarre il contenuto. È impassibile, viene riferito dopo l'aula, senza ansia. All’interno ci sono dei guanti in lattice blu e il veleno per topi in bustina. Il killer si giustificherà dicendo che i primi gli servono per riparare la lavastoviglie. Il veleno invece per liberarsi di alcuni topi “grandi come gatti”, che circolano in piazza Chiesa rossa vicino all’Armani caffè dove fa il barista e dove lui abitualmente si ferma a fumare marijuana dopo il turno di lavoro.
Le sedie sul tavolo e il tappeto
Sempre il carabiniere della stazione di Senago rivela altri dettagli sulla scena del crimine. La casa era in ordine - dice rispondendo alle domande della pm Alessia Menegazzo - ma c’è un particolare che lo colpisce. “Le sedie sono disposte al contrario sul tavolo”, riferisce Caretti. “Come quando si lava il pavimento”, gli chiede la presidente della corte d’Assise Antonella Bertoja. “Esattamente”, chiarisce il militare. L’investigatore della Squadra omicidi, sempre rispondendo alle domande in aula, precisa infine: “Abbiamo evidenze che il corpo è stato sia nella cantina che nel box", aggiunge il militare che parla di una scena preparata.
E precisa che nell'appartamento trovano delle "tracce di sangue sotto il tappeto, ma non sopra il tappeto e anche il divano, che è vicino alla traccia più evidente di sangue, è risultato negativo al luminol" come se fossero stati precedentemente spostati.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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