"Marzia non l'ho uccisa io". Poi ritratta: "L'hanno trovata morta". Ad aprile il processo

Le lettere scritte da uno degli imputati per l'omicidio di Marzia Capezzuti contengono affermazioni e ritrattazioni: ad aprile il processo

Screen "Chi l'ha visto?"
Screen "Chi l'ha visto?"
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Partirà ad aprile il processo per l’omicidio di Marzia Capezzuti. La giovane, di origine milanese, era scomparsa la notte del 6 marzo 2022 da Pontecagnano Faiano in provincia di Salerno: lì si era stabilita dalla famiglia del fidanzato defunto anni prima, Alessandro Vacchiano. Ma in quella casa, Marzia, uccisa alla vigilia del suo trentesimo compleanno, non avrebbe trovato pace: le accuse contro gli imputati parlano di torture, violenze di ogni genere - anche sessuali - e maltrattamenti.

Mentre da alcuni mesi è in corso l’iter per l’unico minore imputato, il cui procedimento è in mano al Tribunale dei minorenni, ad aprile il processo riguarderà i genitori del minore: Barbara Vacchiano, sorella di Alessandro, e il suo compagno Damiano Noschese. Sono sei i capi d’accusa a seguito del rinvio a giudizio: aver posto Marzia in uno stato di incapacità di intendere e di volere con sevizie e violenze, maltrattamenti in famiglia, sequestro di persona, indebito utilizzo della carta di credito, omicidio aggravato e occultamento di cadavere.

L’ipotesi è che, dopo aver derubato Marzia della sua piccola pensione di invalidità - che le spettava a causa di una sua fragilità - le presunte violenze dei Vacchiano abbiano ridotto la trentenne in uno stato tale da non poter più apparire in pubblico, dato che non riusciva neppure a camminare: da qui la presunta scelta di ucciderla. Naturalmente tutto sarà vagliato dalla giustizia, ma non mancano le testimonianze contro gli imputati.

Intanto, dal carcere di Fuorni, Noschese ha scritto due lettere alla pm incaricata del procedimento. Nella prima, letta durante “Chi l’ha visto?”, racconta di essere uscito per dare da mangiare ai cani in un terreno di sua proprietà la sera del 6 marzo 2022. Dopo, in casa, avrebbe incontrato Barbara Vacchiano e il figlio minore, ma non Marzia, della quale avrebbe chiesto notizie: “Mia moglie prima mi ha detto: fatti i fatti tuoi. Poi ho insistito e mia moglie e mio figlio mi hanno detto che l’avevano ammazzata”. Il figlio minore avrebbe affermato la presenza al momento dell'omicidio anche del fratello maggiore, Vito Vacchiano: indagato, non è stato però rinviato a giudizio, perché una testimone di quella notte avrebbe spiegato che Vito sarebbe rimasto in casa.

Nell’altra lettera, Noschese racconta un'altra versione, a partire dei maltrattamenti subiti da Marzia, che sarebbe stata aggredita e torturata in più occasioni perché responsabile, secondo Barbara Vacchiano, della morte del fratello. La missiva contiene anche il racconto di una presunta violenza sessuale subita a opera di Vito Vacchiano: Marzia avrebbe confessato a Noschese che non sarebbe stata la prima volta.

A seguito dell’episodio - si legge ancora - Barbara Vacchiano avrebbe spinto per portare Marzia in una roulotte sempre nel terreno del compagno. Che, ad aprile 2022, mentre sarebbe stato intento a nutrire i cani, avrebbe chiesto a Barbara di andare a vedere come stesse Marzia nella roulotte: “È arrivata mia moglie con una faccia strana e le ho domandato perché. Lei mi disse che l’aveva trovata morta”.

Nella lettera Noschese scrive che la compagna e i figli lo avrebbero minacciato, che lo avrebbero costretto a occultare il corpo.

Decanta invece un compagno di detenzione, che lo avrebbe incoraggiato a scrivere alla pm. Tuttavia successivamente Noschese ha ritrattato, affermando che l’altro detenuto l’avrebbe picchiato e minacciato per costringerlo a scrivere.

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