"Non ero alla Cascina Spiotta". L'ex brigatista Lauro Azzolini convocato dai pm

L'ex terrorista indagato a Torino per la sua partecipazione alla sparatoria in cui morirono D'Alfonso e Cagol, ha depositato una dichiarazione, anticipata dal Giornale.it. "Ho 80 anni, la giustizia faccia il suo corso"

Un'immagine della sparatoria di Cascina Spiotta
Un'immagine della sparatoria di Cascina Spiotta
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"Arrivato alla soglia degli 80 anni, non mi resta che attendere che la giustizia faccia il suo corso". Si conclude con queste parole la dichiarazione scritta di Lauro Azzolini, ex brigatista, oggi dissociato e di recente indagato dalla procura di Torino per la sua presunta partecipazione alla sparatoria di Cascina Spiotta, nell'Alessandrino, avvenuta il 5 giugno 1975. Si trattò di uno scontro tra militari e brigatisti in seguito al quale persero la vita l'appuntato dei carabinieri Giovanni D'Alfonso e Margherita Cagol detta Mara, moglie dell'ex terrorista Renato Curcio. Azzolini, già indagato e prosciolto nel 1976 sulla stessa vicenda, è stato convocato oggi nella caserma dei carabinieri di via Moscova a Milano, dai tre pubblici ministeri che si occupano del caso. Si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma ha chiesto che venisse messa agli atti questa dichiarazione, anticipata dal Giornale.it.

La sparatoria alla Cascina spiotta, continua Azzolini, difeso dall'avvocato Davide Steccanella, è un "fatto accaduto quasi 50 anni fa e per il quale sono già stato processato ed assolto dalla Autorità Giudiziaria Italiana con formula piena. Peraltro, come ho già anticipato in una precedente dichiarazione fatta recapitare a Codesto Ufficio dal mio difensore, con riferimento a quanto avvenuto il 5 giugno del 1975 alla cascina Spiotta di Arzello non sarei comunque in grado di fornire elementi utili, posto che io non ho partecipato al sequestro Gancia, né tantomeno ero presente alla sparatoria in cui è morta, oltre al carabiniere D’Alfonso anche Margherita Cagol".

Scrive ancora Azzolini di avere appreso "della sua tragica morte solo dai telegiornali dell’epoca, e quanto alla circostanza che mi viene contestata, e relativa al fatto che sarebbero state rintracciate mie impronte sul documento che ricostruiva le fasi di quel tragico conflitto a fuoco, la cosa non mi sorprende più che tanto, perché quel documento venne visto e letto oltre che da me anche da tutti o quasi i membri dell’organizzazione nelle rispettive colonne, dato che riportava nel dettaglio come era avvenuta l’uccisione di una delle fondatrici delle Brigate rosse, una persona peraltro molto cara a tutti noi. Ricostruzione che, ricordo, all’epoca emotivamente mi colpì molto, perché da quanto si leggeva si traeva l’impressione che Margherita Cagol fosse stata uccisa quando ormai si era arresa disarmata, e ricordo che quel testo venne anche pubblicato sul “giornale” clandestino delle Brigate rosse per il quale, a fronte delle informazioni scritte dell’accaduto giunteci, passò di mano in mano per redigerne la sua stampa".

E infine: "Non intendo raccontare oggi ad un giudice la storia della mia militanza nelle Brigate Rosse che risale ad una fase lontana della mia vita, e per la

quale ho interamente, e da tempo, scontato una condanna all'ergastolo, conclusasi dopo 24 anni di detenzione in applicazione della legge n° 34 del 18/2/87 (misura a favore di chi si dissocia dal terrorismo)".

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