"L’unica cosa che io faccio la sera è sperare di non svegliarmi più al mattino". Piange Alessandro Impagnatiello, mentre rilascia dichiarazioni spontanee nell'aula della corte d'Assise di Milano dove questa mattina si è aperto il processo per l'omicidio della ex compagna, Giulia Tramontano, 29enne incinta al settimo mese di gravidanza. Barba e baffi lunghi, con scarpe da ginnastica, appare molto provato rispetto all'ultima volta in cui è stato visto pubblicamente dai giornalisti, poche ore prima di essere arrestato per l'omicidio della fidanzata, lo scorso maggio a Senago, nel milanese. Mentre il barman parlava, la sorella della vittima è uscita dall'aula.
"Ci sono tante persone a cui devo delle scuse - ha continuato il barman - ma voglio dedicarmi alla famiglia di Giulia principalmente. Le scuse non saranno mai abbastanza, non ci saranno mai parole corrette da dire. Sono stato avvolto da qualcosa che mi affliggerà per sempre, di inspiegabile, da una disumanità che non so spiegare e che mi ha lasciato sconvolto". Impagnatiello ha detto anche: "Quel giorno ho distrutto la vita di Giulia e di un bambino. Quel giorno, insieme a loro, anche io me ne sono andato. Perché anche se sono qui a parlare non vuol dire che sia vivo. Non chiedo che le mie scuse vengano accettate, perché sto sentendo ogni giorno cosa vuol dire perdere un figlio. Non posso chiedere perdono, perché non lo posso chiedere. Chiedo solo che possono essere ascoltare queste scuse e se questa è l’occasione che ho per farlo, allora lo faccio. Sono completamente a nudo".
Alle parole di Impagnatiello ha replicato poco dopo la sorella di Giulia Tramontano, Chiara: "Puoi chiedere scusa se per errore hai urtato lo specchietto della mia auto, non puoi chiedere scusa se hai avvelenato e ucciso mia sorella e mio nipote, prendendoci in giro e deridendone la sua figura". E ancora: "Non hai diritto a pronunciare, invocare o pensare a Giulia e a Thiago, dopo averli uccisi barbaramente meriti di svegliarti ogni giorno in galera, ripensando a ciò che hai fatto e provando ribrezzo per te stesso".
L'aula oggi era stracolma di giornalisti e curiosi, e anche i cronisti più "navigati" hanno raccontato che in tanti anni a Milano non si vedeva un processo così partecipato. In aula c'era anche la famiglia Tramontano, con i genitori e la sorella di Giulia, Chiara Tramontano. La prima corte d'Assise, presidente Antonella Bertoja e a latere Sofia Fioretta, grazie anche all'intervento del presidente del Tribunale Fabio Roia, ha pertanto detto di sì alla presenza dei giornalisti in aula e ha deciso di spostare il processo in un'aula più grande, proprio per ragioni di spazio.
Prima dell'inizio dell'udienza, i familiari della vittima, hanno auspicato - tramite il loro avvocato Giovanni Cacciapuoti - che la condotta di Impagnatiello "sia sanzionata come merita" e cioè con la condanna all'ergastolo. "Non ci fermeremo davanti a niente e nessuno, finché non avremo giustizia", le parole all'agenzia LaPresse di Franco Tramontano, padre di Giulia, in arrivo a Milano insieme alla famiglia per l'inizio del processo ad Alessandro Impagnatiello. "La nostra forza sono Giulia e Thiago. Loro ci daranno la forza, sempre e per sempre", ha detto anche.
La corte dopo essersi ritirata per due ore, ha ammesso la costituzione di parte civile dei familiari della ragazza, mentre ha escluso le altre parti che hanno chiesto di essere ammesse, tra cui anche il comune di Senago assistito dall'avvocato Antonio Ingroia e l'associazione Penelope.
Per queste ultime due parti, la difesa di Impagnatiello, con le avvocate Samantha Barbaglia e Giulia Gerardini, si erano opposte spiegando che "le ragioni che sostengono la costituzione di parte civile devono essere dettagliate". Nel caso del comune di Senago, la difesa del barman trentenne aveva sottolineato la presenza di "riferimenti troppo generici al danno di immagine".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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